Com'è iniziata ...

Mi avevano detto che i figli bisogna averli da giovane.
Mi avevano detto che dopo i 35 è rischioso e anche faticoso.
Mi avevano detto che dopo i 40 è follia.
Quello che non dicevo io era che non avevo tutta questa intenzione di riprodurmi.
E niente, poi è andata che mi sono ritrovata a scrivere un blog per mamme, con un occhio di riguardo alle over 40.

giovedì 31 maggio 2012

Il guest del giovedì: ultimo appuntamento.

Ultimo appuntamento, per il momento!, con K e il suo angolo aKuto. Buona lettura :)



LA PROFESSIONE: CRESCO UN FIGLIO? O CRESCO IO?

Care Mamme, e con questo appuntamento terminiamo i nostri incontri virtuali, spero vi siano stati in qualche modo utili, almeno per un confronto, per farvi due risate, servono anche quelle!
Oggi, per ultimo un “temone”, tanto per cambiare sempre di work life balance parliamo…infatti se vogliamo pensare ai nostri figli ed alla nostra professione dobbiamo necessariamente soppesare ogni aspetto e vedere a che punto si ferma l’ago della bilancia per indicarci l’equilibrio.
So che è retorico ma devo dirlo: il nostro paese in termini di welfare non ci aiuta affatto nella decisione; come accennavo giovedì scorso la rete di supporto/soccorso è, tanto per cambiare, sulle nostre spalle e difficilmente troveremo nei comuni, nelle istituzioni, nelle aziende un reale aiuto.
Ma bando alle chiacchere e proviamo a pensarci tutte insieme!
È necessario fare solo una delle due cose? E se sì quale scelgo? Chi ne sarà maggiormente penalizzato?
Questa credo sia l’unica domanda che dobbiamo porci.
Una di voi in risposta ai post mi ha detto che la maternità non cambia le persone che eravamo prima, sono d’accordo, di sicuro aggiunge dei pezzi alcuni molto belli, altri un pochino più faticosi da gestire e da vivere.
Ora di fronte alla scelta di quale strada percorrere dobbiamo, per il bene di tutti, scegliere quella per noi meno frustrante, a costo di apparire dei mostri agli occhi dell’umanità.
La cosa divertente è che vi troverete a rinegoziare la vostra scelta con voi stesse se non tutti i giorni, almeno di anno in anno.
I bimbi infatti continueranno a crescere a prescindere dalle nostre decisioni, quello che sta a ciascuna è capire cosa significhi per noi la scelta compiuta di volta in volta.
È inutile nascondersi dietro frasi come “ma figurati, cosa mi importa di quello che pensano gli altri!”, ci importa, magari poco, ma ci importa. Ogni scelta che ha un impatto anche sulle relazioni è ovviamente più faticosa di altre.
Gli aspetti negativi sono tanti e per ogni scelta:
- scelgo di vederlo crescere: bene mi perderò delle opportunità di sviluppo professionale, magari mi daranno un ruolo più operativo di quanto vorrei, dovrò chiedere un part time (e sarò fortunata ad ottenerlo) ma guadagnando molto meno di quel che servirebbe….
- scelgo di crescere io: avrò un ricordo dell’infanzia di mio figlio fatta di racconti di altri, foto scattate non dalla mia mano, educazione impartita da nonni, maestre e tate….
E fare entrambi? Certo si può, io ci ho provato ed ho lasciato stare ma perché ricadevo nella frustrazione di far male su entrambi i frangenti, mi sentivo frustrata come professionista e come mamma.
Ho scelto però di continuare a lavorare, ad occuparmi di qualcosa anche se in maniera flessibile, perché per me conta molto avere un’identità professionale oltreché di mamma.
Come vi accennavo tutto sta nello scegliere quello che fa scendere il grado di frustrazione, quella sensazione che vi fa sentire in catene dovunque voi siate. Tenere duro non sempre è la scelta migliore, proprio perché non state scegliendo. Rimanere nel limbo vi porterà ad essere nervose, scontrose ed insoddisfatte, e chi paga? Voi! Nella relazione con il vostro compagno, nella relazione con i nanetti che sanno leggere come pochi quello che si nasconde dietro ogni singola parola che dite!
È un equilibrio difficile che ogni giorno va rivisto, cambieranno le esigenze dei nanetti e cambieranno anche le vostre. Entrare nel magico mondo della “mammità” ci ha permesso di accrescere la nostra conoscenza del mondo, delle cose, dei sentimenti portando con sé anche tanta fatica derivante dal fatto che non stiamo parlando di una relazione con un fidanzato adulto, ma di quella con un pupo che ha la pretesa di averci a sua disposizione per crescere fisicamente ed emotivamente, mica un compito da poco il nostro!!
Ed i papà? Ci sono, è che purtroppo anche se propositivi ed attenti non vengono percepiti come tali dai piccoli angioletti, sono solo quei giocherelloni che vivono in casa con noi, ma non sono riferimenti emotivi e relazionali.
Insomma e alla fine chi cresce? Cresciamo insieme con tanta, tantissima, infinita pazienza (a volte nulla….), cercando di fare scelte che non saranno mai giuste in assoluto o fino in fondo ma che ci facciano sempre essere in sintonia con noi stesse.
Se andremo a lavorare saremo mamme cattive, se sceglieremo la carriera saremo pessime, se faremo “solo” le mamme non ne parliamo.
Insomma non c’è limite al peggio, l’unica cosa che dovrà sempre farci forza, un’immensa forza sono i nostri piccoli che anche nelle loro giornate peggiori ci insegnano qualcosa, ci divertono, ci riempiono d’amore!
Buon lavoro mamme!!



martedì 29 maggio 2012

terremoto...


Scrivere oggi ha poco senso.
Nessun argomento sarebbe consono, ogni cosa sembrerebbe vuota, sciocca.
Se anche i piccoli blogger come me, però, possono far qualcosa, ecco, sono a disposizione.
Se ci sono notizie da far girare, numeri di telefono, informazioni utili, racconti, richieste, volentieri da qui si fa volano, si fa passaparola, si fa il possibile.
Tutti a disposizione.
Pronti a dire.
Pronti a fare.

lunedì 28 maggio 2012

ISTAT, la difficoltà è donna.

Stavo cercando il modo di allegare un documento ai post, ma mica lo trovo.
Era più semplice che inserire questo link lunghissimo, neppure troppo preciso.
Se avete tempo leggetevi la presentazione Istat, la prima dell'elenco, quella col titolo Diapositiva 1 (vale la pena di leggere).
E' di febbraio di quest'anno e racconta in numeri, stringate considerazioni e varie frecce, il ruolo della donna nel mondo del lavoro: cosa è stato il lavoro femminile e cosa sarà durante e dopo questa crisi.
Non è avvincente? No?
Vero. Anzi piuttosto noioso, con pieghe dure di evidente difficoltà, strisciante discriminazione.
Le slide che ci riguardano sono la 12-13-14, in cui si guarda da vicino cosa succede con la maternità.
Le dimissioni in bianco sono una cosa reale e non una leggenda metropolitana.
Sono le donne a lasciare il lavoro per accudire i figli, pochissimo gli uomini.
Le nonne hanno un carico di lavoro troppo gravoso.
Tutte le donne sono accomunate da un percorso (lavorativo) ad ostacoli, perchè sono sovraccariche: troppe cose, pochi aiuti.
E' così che i desideri delle donne non riescono a tradursi in realtà. Questa slide mi ha colpito moltissimo, il titolo dice talmente tutto che potevano lasciare il resto in bianco. Avremmo capito lo stesso, ognuna scrivendo una riga, aggiungendo un numero o solo puntini di sospensione.
Le donne guadagnano meno, hanno titoli di studio che non vengono valorizzati, competenze ignorate: problemi evidenti e non remoti, credo che ognuna di noi abbia una chiara idea dell'argomento.
Di dati, studi, interviste che affrontino questo problema è pieno il web. Ciò che non trovo, e forse dunque non so cercare, sono le soluzioni.
Mi basterebbero ipotesi di soluzione, esempi, cose da cui prendere spunto. Niente.
Tutto tace. Come se il problema fosse ineluttabile, come se dovesse andare proprio così e ci dispiace tanto, per la prossima vita procura di essere uomo o di non fare figli o magari lascia perdere aspirazioni di vario genere.
Nel mio piccolo ho un paio di convinzioni.
Il futuro lavorativo delle donne è in rete: è la mia certezza più forte. Delocalizzando il luogo di lavoro si rimette in equilibrio sia l'attività, la vita famigliare e la propria. E' necessario che si esplorino le opportunità, che vengano valorizzate (nel senso proprio economico del termine).
Sapete che il telelavoro, per esempio, non è ancora normato dai vari contratti nazionali? E' un'arretratezza inaccettabile, non trovate?
Se le reti informali di sostegno (che sono quelle famigliari, cioè i nonni) non ci sono o non sono utilizzabili per vari motivi, sarà necessario metterne in piedi di nuove: che saranno altro rispetto alla famiglia, ma accessibili, fruibili e anche facilmente. Ci vuole un patto forte tra donne e mondo lavorativo.
Altro che quote rosa. Più delle quote, sarebbe molto più utile , per esempio, una contribuzione agevolata (quindi uno stipendio netto un po' più alto) per i primi 3 anni di vita del bimbo, i più costosi. Un po' come per le aziende in start-up insomma.
Sapete che nessuna donna è ai vertici della magistratura? Che nella comunità dei dirigenti solo il 27% è donna?
A me viene un dubbio, quando leggo questi numeri:
è corretto utilizzare lo stesso sistema di riferimento che si usa per gli uomini? Loro non fanno figli, non stanno a casa mesi e mesi e ogni volta che il pargolo ha la febbre. Come fai a paragonare vite (lavorative e non) tanto differenti? Ci devo pensare un po' sù.
Mi date una mano?



venerdì 25 maggio 2012

Nonni.

Li vedo sempre a spasso con nipotini anche piccolissimi.
Stanchi i nonni, a volte un po' corrucciati, attenti, all'erta e qualche volta borbottare.
Deve essere una gran comodità averli vicini, sapere di poterci fare un conto.
Noi abbiamo i nonni lontani.
Ma se anche fossero vicini le cose cambierebbero poco, per lo meno per quanto riguarda i miei.
Da sempre promulgatori di una non definitissima indipendenza, ci hanno cresciute dicendo che poi ognuno nella vita deve fare tutto quello che può, ma basandosi unicamente sulle proprie possibilità e capacità, e che non si può, proprio no, delegare ad altri ciò che è in capo a noi.
Anche perchè gli altri potrebbero avere altro da fare.
Così quando mia sorella ha avuto la prima figlia hanno detto chiaramente che non sarebbero stati disponibili a lunghe sessioni di babysitteraggio: erano lontani e non si sarebbero spostati, ma se anche fossero stati vicini le cose non sarebbero andate diversamente.
Detto così sembra la teoria della solitudine, in realtà, del buono c'è.
C'è che davvero ti ingegni a cercare soluzioni, c'è che fai i conti tra volontà e possibilità e che impari a gestirti meglio di una multinazionale. Una scuola, insomma.
C'è anche, e questo a me rilassa moltissimo, che non si creano obblighi e conflitti. Dire a una nonna che non sta curando bene tuo figlio non è semplice; rimbrottare un nonno perchè non gioca abbastanza con il pargolo e non capisce di cosa il pupo ha bisogno ha quasi del paradossale.
Per cui, molto sinceramente dico che se anche fossero disponibili, vicini, comodi, io non lascerei mio figlio ai nonni. Chiederei assistenza una sera ogni tanto o per la vera emergenza, questo sì, ma non vorrei impegnarli tutti i giorni per diverse ore.
Mi piace mantenere un margine di libertà, mi piace che non ci siano intromissioni, che non ci siano obblighi.  Ho visto mamme sbroccare perchè la nonna voleva andare dal parrucchiere: no, non ci vai, altrimenti chi lo tiene il bambino? O nonni partire per vacanze forzate, non desiderate, perchè al bimbo fa bene cambiare aria. Ma ai nonni, chi ci pensa? Ho anche sentito terribili confronti su quale nonna è più brava e discussioni di coppia che quando è dai tuoi poi guarda come torna o mariti rassegnati a lunghissime presenze di suocera, con tutto ciò che ne consegue.
No.
Mi piace anche molto sapere che i nonni hanno una loro vita, hobby, cose da fare, impegni; sapere che il loro compito di genitori (che è pesante e lo sappiamo) l'hanno già fatto e per molti più anni di noi, sono già passati attraverso cose che noi ancora non immaginiamo e spesso ci hanno sofferto, si sono preoccupati, stancati. Fargli ripercorrere il tutto a me sembra quasi una cattiveria.
Senza i nonni, le cose si complicano è vero, ma si fanno lo stesso.
I bambini cresceranno anche al nido o in compagnia di una tata e vedranno i nonni non come i sostituti dei genitori, ma come nonni: quelli che un po' li viziano, quelli che hanno cose da raccontare, quelli che di cartoni animati non sanno niente eppure conoscono giochi, sanno scherzare, conoscono luoghi bellissimi per passeggiare e sanno l'arte della sorpresa, del piccolo regalo, delle coccole e del cioccolato.
Piccole cose che non sarebbe possibile avere tutti giorni e che rendono i nonni quasi magici.
Diversi dai genitori, appunto.

giovedì 24 maggio 2012

Il Guest del giovedì: A chi affido mio figlio?

La fiducia in chi accudisce nostro figlio quando non ci siamo è fondamentale, capire se il bambino sta bene altrettanto. Ecco cosa ci racconta K. Buona lettura!


Fiducia e autonomia. O dipendenza?


Siamo al penultimo appuntamento del giovedì e tornando al tema del work life balance provo ad affrontare la grande sfida: costruire un’organizzazione degna del lancio dello Shuttle per la gestione dei nostri pupetti.
All’apparenza non è un tema “molto psicologico” ma in realtà è strettamente collegato alla FIDUCIA: come arrivare a compiere la scelta migliore che ci rassereni e che soprattutto renda sereni e felici i nostri pupi?
Come sempre il punto di partenza è racchiuso in ciascuna di noi: cosa riteniamo possa essere meglio per i nostri figli? Che rete di parentela abbiamo intorno? I nonni sono autonomi?
Io ho la grande fortuna di avere i 4 nonni che non vedono l’ora di spupazzarsi il nanetto ma, per ragioni legate alla loro età ed impegni vari, ho preferito mandarlo al nido prima ancora che compisse l’anno, sfruttando la loro disponibilità per andare a prenderlo, gestire malattie ed imprevisti vari (il doppio rispetto alla frequenza del primo anno d’asilo!!).
Le scelte che ciascuna di voi compirà saranno legate al tipo di relazione che avete con la vostra famiglia, al tipo di educazione che volete venga impartita al piccolo e, importante, al budget che avete a disposizione.
Tate ed asili non sono sempre economici!! Tutt’altro.
Delegare a qualcun altro la gestione di parte o di tutta la giornata dei nostri figli è un processo molto complesso da affrontare: dobbiamo essere disposte a perderci dei pezzettini della loro vita, a sentirci raccontare da altri i loro progressi. È doloroso sì, in qualche modo necessario però. Come si accennava giovedì i pupetti cresceranno e pretenderanno sempre con maggiore forza autonomia e distacco da voi. Nel contempo ciascuna di noi ha bisogno dei propri spazi lavorativi o privati per cui imparare a lasciare i piccoli è importante. Se lo facciamo basandoci su una rete di supporto collaudata meglio ancora.
Ma parliamo di FIDUCIA: questo è un elemento centrale, il cuore del problema. Nel momento in cui la vostra scelta, qualunque essa sia, si fonda sulla vostra tranquillità di aver compiuto la scelta giusta per il piccolo, il resto sarà più semplice. Come lo valuto?
Da elementi quali il sonno, l’appetito, la tranquillità del bimbo quando vi ritrova dopo l’uscita o dopo il lavoro.
Non spaventatevi se, in prima battuta, i piccolini avranno reazioni un po’ particolari al “cambio di gestione”: qualcuno perde il sonno, altri rifiutano di mangiare con voi, altri ancora vi tengono il broncio quando rientrate o fanno capricci mai visti prima. È del tutto normale, questi piccolini vedono, soprattutto nei primi 2 anni, nella mamma l’unica risorsa di affetto e protezione, il papà è l’amico, quello con cui giocare (lo si diceva anche in un post di qualche settimana fa) ma voi siete la fonte delle certezze, della “ricarica” emotiva.
Quindi non stupiamoci o preoccupiamoci eccessivamente per piccoli sintomi che al massimo in 4 o 5 giorni scompariranno così come si sono presentati. Una volta che il piccolo comprenderà che a prescindere dall’arrivo della tata, nonna o dell’essere lasciato all’asilo, voi rientrerete e gli dedicherete l’attenzione che desidera si tranquillizzerà.
Si ma con tutto quello che succede come faccio a scegliere? Beh, sui nonni mi sembra che l’argomento non necessiti di alcun commento, per tate ed asili cercate delle referenze, fatevi raccontare come si comportano con i bimbi, cosa fanno per farli giocare, anche cosa fanno quando i bambini non si comportano bene, credo sia importante capire cosa accade se vostro figlio morsica un amichetto: la reazione dell’educatrice/tata risponde al vostro modo di vedere le cose? Come gestiscono l’alimentazione dei piccoli, cosa fanno con chi non mangia (mio figlio per esempio….) Insomma, non fatevi scrupolo a fare un bell’elenco di domande, anche le più banali: chi è esperto di bambini comprenderà il vostro timore e sarà più che lieto di darvi le risposte che vi servono.
Importante, se scegliete il nido è anche passarci davanti all’uscita degli altri bambini, si vede subito se sono felici di stare lì; mio figlio in estate piange quando deve venire a casa (sono soddisfazioni eh??) perché in giardino hanno moltissimi giochi e la piscina….
Quando temere per la sicurezza del piccolo? I segnali sono evidenti: cambio di carattere, bimbi molto vispi che diventano tristissimi, incubi ricorrenti, frequente eneuresi notturna…ripeto rientrano nella norma se durano pochi giorni.
Se questi sintomi dovessero protrarsi nel tempo (settimane/mesi) valutate se la strada scelta è la più corretta, consultate il vostro pediatra: non è detto che ci sia necessariamente un problema grave nell’asilo o con la tata scelta. Magari si tratta della struttura o della persona migliore del mondo ma al bimbo/a non piace, non c’è feeling.
Stiamo infatti parlando di PERSONE, sotto al metro di altezza, tra i 10 ed i 13 kg, ma con caratteristiche proprie, gusti ben definiti, preferenze, simpatie ed antipatie come tutti noi. Teniamo in considerazione tutto questo.
Vi faccio un esempio: il mio piccolo ha iniziato il nido con F., mamma a sua volta, molto simpatica (a me) e di grande e lunga esperienza. Attila la detestava, stava tranquillo all’asilo ma appena sentiva il suo nome protestava. Al secondo anno c’è stato un cambio di maestre perché nella classe di Attila è arrivato anche il figlio di F. Risultato: Attila adora la nuova educatrice, la domenica se piove e si annoia a casa chiede di andare da C., è amore (io continuo a farmi delle domande…)!

mercoledì 23 maggio 2012

E se cammina senza di me?

Una delle cose che apprezzo di più di questo tempo è la tecnologia, quelle cose che quando arrivano ti dici che ma va, figurati, ma a cosa serve e poi ringrazi tutti i giorni un po' che ci siano.
La mia estensione è lo smartphone, perchè faccio foto bellissime (nel senso, ben definite, non che io sia brava come fotografa) e i video, con il vantaggio che ce l'ho sempre a portata di mano e colgo l'attimo.
Mi dispiace tantissimo che i miei genitori non si siano prodigati in foto quando ero bimba: di me, delle mie età, ho rarissime immagini. Che fa un po' diva d'altri tempi, ma non mi consola.
Cigolino, al contrario, è un bimbo molto  fotografato e filmato.
Ho il video del giorno in cui ha scoperto di avere i piedi e, prima, di quando ha cominciato a guardare le cose intorno a sè, come la giostrina appesa sopra la culla. Ogni tanto me li guardo e mi sembrano passati anni, non mesi, li riguardo e mi commuovo, così, senza un motivo reale, visto che c'ero, visto che l'attimo me lo sono goduto e l'ho anche immortalato.
Adesso ho un solo timore: perdermi il suo primo passo. Il momento in cui si stacca dal divano e naviga incerto sulle sue gambe. Per un calcolo banale delle probabilità, questo istante lo vedrà Ofelia (la tata) e noi godremo di una replica. Questa cosa mi dispiace, in modo irrazionale, ma è così.
Domani, nel guest del Giovedì, parleremo proprio di questo: affidare il nostro bimbo ad altri (strutture, nonni, tate ...), perdersi dei pezzi per avere in cambio spazi propri o, meno poeticamente, il tempo per lavorare, cosa che, il più delle volte non è scelta, ma necessità.
Si parlerà di fiducia e di segnali che ci dicono se il nostro bimbo è a suo agio, sta bene ed è sereno, nella soluzione che abbiamo trovato per lui.

A domani :)



martedì 22 maggio 2012

Mamma è nervosa, OK??!!!

Una cosa che mi sono sempre chiesta, da quando è nato Cigolino, è come gestire le mie giornate no.
Perchè ne ho, eccome se ne ho!
Si sa, i bambini assorbono le negatività, si accorgono che qualcosa non va, ma non hanno gli strumenti per rielaborare. Per cui è un punto importante.
Puoi mica investirli con quel tifone che, a volte, si ha dentro. Puoi mica star lì col muso, mentre costruisci torri di maxilego o gli fai il bagnetto.
Io l'ho notato subito, da piccolissimo: a mio nervoso corrisponde puntuale sua irrequietezza, che aumenta il mio nervoso, che aumenta la sua, in una escalation di nervi tesi e capricci.
Che si fa?
Io parlo. Io glielo racconto perchè sono di pessimo umore. Mentre ci facciamo i nostri quattro passi quotidiani verso casa, gli dico è una giornata stortissima, per questo e questo motivo. Lui non so se mi ascolta, di solito si sta togliendo una scarpa e la sta lanciando, seguita dal calzino e massima soddisfazione.
La cosa è, che raccontando, con pochissime parole semplici, un po' mi calmo, un po' quel tifone perde potenza.
Restano i pensieri, magari le preoccupazioni, ma quelle, si sa, non è sano condividerle con un bambino. Credo che ogni genitore desideri che la parola "preoccupazione" resti il più a lungo possibile vuota, nella mene di un bimbo.
La musica, anche, aiuta molto, ha un effetto catartico. Cigolino balla, molleggiandosi sul pannolino, io ballo dondolando sulle ginocchia (i legamenti scricchiolano in modo sinistro) e giù a ridere. Sappiate poi che Cigolino è bravissimo a "suonare" la scatola dei Tic Tac: la scuote forte forte e balla a ritmo, facendo ciao ciao con l'altra mano. Uno spasso. Come si fa ad essere ancora di cattivo umore, dopo?
Oppure, estrema ratio, impietrirsi insieme davanti alla TV, ai cartoni animati o anche solo le pubblicità, che attirano l'attenzione di Cigolino molto più dei teletubbies.
Insomma, si può fare. Ci si calma, si dimentica un po' anche l'urgenza della preoccupazione, del nervoso. Almeno finchè il pargolo non va nanna, da lì in poi, se proprio è necessario, possiamo riprenderci tutto il nostro malumore, elaborare teorie e strategie o prendere una pastiglia per il mal di testa.
E' importante uscire dai nostri loop, tenere ben separato ciò che è nostro - un disagio, una preoccupazione, un pensiero, un momento difficile - da ciò che riguarda nostro figlio, soprattutto se molto piccolo.
E' importante, perchè potremmo cadere nella tentazione di considerare i bambini parte del nostro problema e, siatene certi!, non può essere.


lunedì 21 maggio 2012

Era una notte buia e tempestosa...

Visto che venerdì sono stata travolta da infiniti compiti  e per scrivere, anche solo la lista della spesa, di tempo non è avanzato, pensavo, mossa da varie considerazioni, di infrangere il fine settimana e scrivere sabato e domenica, perchè le cose da dire sono tante.
Poi, però, sono stata sopraffatta. Dalle notizie. Sabato mattina Brindisi, una bomba a scuola. Dico. Una bomba a scuola. Quale mostro, cosa, perchè, che cosa vuol dire. Sono rimasta impietrita davanti alla TV o con un orecchio alla radio. Senza spiegazioni. Con un dubbio, da subito, che non di mafia, non di organizzazione, ma di mente molto malata.
Ci penso domenica, ho detto, scrivo domenica.
Mattina, ore 4.06. Mi sveglia GF. C'è il terremoto, il letto di Cigolino balla. E io che dormivo così in profondità, tendo l'orecchio, il corpo è subito all'erta. Ma è già passato e penso, ma come, Milano non è zona sismica, chissà da dove arriva. E di nuovo, una giornata di TV e notizie che si sommano, si dipartono, si riuniscono in simile tensione.
Sto invecchiando, non c'è dubbio. Perchè le cose vanno più in profondità, sarà per via della pelle che si fa più sottile, del cuore che ha già visto molto e forse ha un suo "troppo pieno", o forse perchè da mamma ti preoccupi di più. E' stato un fine settimana pesante. In cui, tra l'altro, ho pensato molto a Cigolino, ai pericoli inaspettati che incontrerà e di come sia impossibile difenderci, prevedere.
E' stato però un week end di improvvisi progressi.
Cigolino si alza in piedi, attaccato alla sponda del lettino. Sventola le mani oltre il bordo, contento per la novità.
Si alza, attaccato il ripiano sottostante all'asse da stiro e si lancia in acrobazie, tipo restare attaccato con una mano sola e ridere un sacco.
Improvvisamente è più sicuro, nei movimenti e nello sguardo, come ci fosse stato uno scatto.
Aspettiamo fiduciosi il grande passo per un (piccolo) uomo, quello che poi ci farà correre in giro nel tentativo di riprenderlo.


giovedì 17 maggio 2012

Il guest del giovedì: work life balance

Il primo post sul Work life balance. Si parte dall'inizio, da quel cominciare a lasciare il nostro pupo. Quali pensieri e cosa fare? Aspetto commenti, esperienze, post, idee ecc. ecc. Torte no, che sono a dieta.


WORK LIFE BALANCE: RICREARE UNA RELAZIONE CON L’ESTERNO, GLI AMICI, GLI INTERESSI, LA PROFESSIONE


Nella complessa relazione che si va via via costruendo con il proprio figlio e con la propria famiglia il nostro ruolo di mamma evolve permettendoci di tornare a ricavare degli spazi per noi.
Ognuna, con i propri ritmi e modalità, scopre che può permettersi di lasciare ogni giorno per più tempo il proprio piccolo alle cure di nonni, tate o asili. È una fase importante che ci fornisce l’opportunità di ricostruire una relazione con l’esterno.
Almeno in una fase iniziale i sensi di colpa abbonderanno (poi rimarranno ma li sapremo gestire meglio). Spinte dall’entusiasmo e dal desiderio del vecchio senso di libertà accetteremo in maniera spensierata inviti da parte di amici, ci iscriveremo a corsi, compreremo biglietti per mostre o per il teatro e poi….poi, almeno una volta, ci ritroveremo ad inventare delle scuse per procrastinare l’impegno preso o annullarlo del tutto, sentendoci totalmente appagate dall’abbraccio e dal sorriso dei nostri piccoletti.
Attenzione:facciamolo purché la nostra scelta non comporti eccessiva frustrazione, se invece ce la sentiamopossiamo provare ed osare spingendoci di nuovo nel mondo. Quale scelta compiere? Di volta in volta quella che il nuovo istinto che abbiamo sviluppato ci fa sentire come più vicina al nostro modo di essere quel giorno. Cerco di spiegarmi: ci sono giorni in cui abbiamo bisogno di star sole, di pensare a noi, di rigenerare le nostre energie, in queste giornate anche un’oretta sole con una cara amica ci fa stare davvero meglio. Bene allora usciamo e stringiamo i denti nel momento in cui il nostro piccolo/a userà contro di noi l’arma più potente che possiede: i suoi occhioni! Magari mentre usciamo comincerà a piangere disperato, ci guarderà offeso, proverà in tutti i modi a trattenerci. Vi assicuro, e ve lo confermerà anche chi si occuperà di lui/lei, che il pianto e la disperazione dureranno un attimo, il tempo di salire in ascensore.
Lui/lei sta solo facendo “il suo lavoro”, quello di tenersi vicino la mamma. Dobbiamo essere forti e capire se si tratta effettivamente di un malessere o se è “solo” il timore di perderci. Nel secondo caso stringete i denti ed uscite! Vi consiglio di farlo condividendo con i piccoli quello che avviene, a prescindere dalla loro età. Spiegate loro che non scomparite ma state uscendo e che ritornerete, so che potrebbe sembrare strano ma i bimbi, grandi o piccoli, apprendono molto in fretta e pian piano impareranno a distinguere i diversi tipi di uscita che la mamma deve fare.
Ovviamente tutto ciò ha senso se ve la sentite, come al solito la cosa più importante è la vostra serenità che di riflesso genererà serenità nei piccoli. Fondamentale è che se deciderete di uscire cerchiate di godervi al massimo il momento di libertà che vi siete concesse. Allentare la vostra relazione con il piccolo gli consentirà diimparare a gestire tutti gli aspetti emotivi che sono legati al distacco. Più il processo sarà graduale e meno sarà traumatico per entrambi, fino al punto in cui saranno loro a salutarvi per andare con gli amici!
È una fase fondamentale nell’evoluzione emotiva sia della relazione mamma/bambino, sia dello sviluppo del piccolo che altrimenti non avrebbe l’opportunità di sperimentare in maniera sicura la separazione dalla figura materna e quindi la corretta gestione delle relazioni con gli altri.
Ma passiamo al tema più spinoso. Finché si tratta di andare a prendere un caffè con la nostra migliore amica ci proviamo e ce la facciamo, certo è più difficile gestire il rientro al lavoro, pensare che i piccoli sono a casa malati mentre noi siamo costrette in riunioni, pranzi ed attività che ci appaiono,e sono,spesso privi di significato.
Questo credo che sia il segno più grande che la maternità ci lascia dentro: la maggior parte di noi impara in maniera inaspettata e sorprendente cosa davvero conta per sé, come se ci svegliassimo all’improvviso. Per alcune sarà la famiglia con lo spostamento dell’ago della bilancia verso questo frangente, per altre rimarrà la professione.
Personalmente ho scelto di svolgere la libera professione proprio per dedicarmi con maggiore libertà della famiglia, ma credo che ognuna debba fare i conti con un budget, con il proprio sistema di relazioni e con quello che la soddisfa davvero, solo a questo punto la scelta ed i cambiamenti da affrontare saranno semplici.
Una di voi la scorsa settimana ha commentato il post dicendomi che ha scelto di mettere in secondo piano la carriera perché si voleva godere la bimba, ottimo. Fondamentale è che la vostra scelta non sia condizionata da quella dell’amica, della vicina di casa, della parente. Qui non si tratta di sperimentare una pappa nuova e chiedere consiglio alle amiche, qui si tratta di vivere la propria vita nel massimo rispetto del proprio equilibrio personale e famigliare. Stare a casa dal lavoro o svolgere un’attività part time non è meno appagante che fare i top manager, così come non è detto che fare i top manager sia meno corretto che far solo le mamme. Tutto dipende dalle nostre energie, ancora (sono noiosa lo so!!) da quello che ci fa sentire meglio, oltrechè dalla rete e supporto famigliare che abbiamo intorno, i papà esistono!!
Molto dipende anche dall’età della maggior parte delle mamme che segue questo blog. Molte di noi hanno avuto bimbi non esattamente a 20 anni, in qualche modo hanno risposto al bisogno di appagamento professionale e quindi non hanno più voglia di affannarsi e correre, preferiscono far poche cose bene e con il cuore, lasciando ai/al piccolo nuovo arrivato uno spazio dedicato il più ampio possibile. Altre hanno ancora desiderio di crescita professionale, sceglieranno quindi un’organizzazione di tate e supporti esterni per continuare il percorso di carriera. L’unica cosa da tener presente è che il grado di organizzazione e fatica sarà simile, impariamo a non giudicare e a non sentirci giudicate nella scelta che faremo. Inoltre non pensiamo, per chi scegliesse la famiglia che non si possa far altro, anche grazie al web la vita è piena di opportunità. Per queste mamme il tempo a disposizione aumenterà con l’età dei figli, il consiglio è di mantenere sempre forte la relazione con l’esterno, il network è importantissimo per continuare ad essere socialmente attive e vedrete che anche gli hobby potrebbero diventare nuove opportunità. Da poco a Milano ho scoperto che esiste un centro nato dalla necessità di due mamme di fare networking con le altre, di scambiare opinioni, di ricevere supporto nella gestione dei bimbi. Chiaccherando tra loro all’uscita dei bambini dall’asilo hanno scoperto questa necessità e pian piano l’idea si è trasformata in qualcosa di concreto e soprattutto funzionale per loro e per altre.Insomma, si può fare!
Per chi di voi dovrà scegliere di rientrare al lavoro il consiglio è di cercare, ove possibile, di negoziare i nuovi spazi ed impegni di lavoro prendendosi in carico solo quello che riteniamo di poter gestire e non trascurando l’impatto che il rientro abbinato alla gestione famigliare avrà sulle nostre energie.
Oggi più che mai puntiamo sull’EQUILIBRIO, da rivedere praticamente ogni giorno sulla base delle necessità nostre e del nuovo quadro famigliare che abbiamo costruito.

mercoledì 16 maggio 2012

Work life balance: introduzione.

Col guest post di domani entriamo nel vivo di un argomento complesso e delicato: il work life balance. Sembra una conta, tipo ambarababà cicci cocò, in realtà è il tema centrale su cui, in molti, si interrogano: a livello sistemico, cioè cosa le aziende e le istituzioni possono veramente fare per favorire la vita armonica delle famiglie e a livello personale, perchè ognuna di noi cerca di mantenere l'ago della bilancia in equilibrio (e noi, esperte di diete, sappiamo che fatica!).
Mi piacerebbe conoscere le vostre scelte in questo senso e anche se lavorate (o conoscete) in aziende che in questo senso lavorano e investono per migliorare l'equilibrio. Per esempio, sarei curiosa di sapere se il telelavoro è una soluzione e se lo è, a livello di costi, anche per l'azienda; se il part-time si traduce in una perdita di opportunità lavorative o se invece è la soluzione principe; cosa comporta il mettersi in proprio, come se la cava, magari, una mamma sola o se ci sono papà che hanno scelto di seguire i figli, lasciando alla mamma il compito del guadagno. Insomma, vi chiedo di investigare, intervistare, segnalare, farvi reporter: far circolare informazioni in questo senso è importante, per tutti.
Va da sè che tutte le notizie verranno pubblicate e rilanciate e se qualcuno è particolarmente informato/ferrato sulla materia, avrà un post tutto suo che può inviarmi qui: lawising@gmail.com
non è come vincere alla lotteria venir pubblicati qui, ma per i ricchi premi e cotillon mi sto attrezzando, promesso :)
Non c'è una data di scadenza per questo argomento, continueremo a parlarne finchè ci saranno notizie, idee, spunti. La speranza è di coinvolgere quante più mamme possibile per lasciare suggerimenti e strade da seguire.
Quindi, buon lavoro anche a voi e a domani!

martedì 15 maggio 2012

Magico papà

Stavo passeggiando nel web in cerca di non so cosa e ho trovato diverse pagine dedicate ai bambini, anche piccolissimi, troppo attaccati alla mamma.
Bambini che piangono ad ogni minima separazione (vado in un'altra stanza), che fanno capricci infiniti quando la mamma rientra dal lavoro per riavere tutta l'attenzione, che stentano a trovare una propria indipendenza perchè vogliono stare sempre in braccio. Tutto dipende, leggevo, dall'immagine che il bambino si è fatto della mamma e sarà più attaccato a una mamma ansiosa e incostante proprio perchè non è riuscito a crearsi una figura di riferimento stabile.
Oh. Ecco.
Io al massimo ho il problema contrario.
Stamattina, angelica come un batter d'ali, sono andata a prendere Cigolino nel suo letto, appena sveglio, dopo una notte post-vaccino di 12 ore filate di sonno (effetti benefici della vaccinazione). Mi sento tutta amorevole, lo prendo, mi guarda stropicciandosi gli occhi e: papà?
Ma come papà? Ma non è mamma la parola migliore da dire, soprattutto la prima della giornata? E ha continuato a sillabare papà, con le sue variazioni in babà e dadà, finchè non l'ho recapitato all'oggetto dei suoi desideri. Sono stati sorrisi, abbracci, effusioni.
Non è un caso. Cigolino stravede per il suo papà, con me è più contenuto.
Ora. A me sta bene, non ho la gelosia della mamma. Però mi domando inevitabilmente che tipo di immagine di me si sia fatto. Sono poco affettuosa, empatica, simpatica? Troppo normativa (assolutamente no, ma chissà lui che ne pensa), distratta, pensierosa? Ho ripreso la mia navigazione in cerca di conforto e spiegazione.
Pare che il papà sia più emozionante della mamma. Che se sei lì a cercare consolazione non è proprio quello che vorresti sentire, ma tant'è.
I papà sanno con più facilità tornare bambini - potremmo sprecare battutacce sulla capacità inversa, cioè di essere adulti, ma sono discussioni abusate ultimamente - sanno ingaggiare giochi più fisici e coinvolgenti, sanno lasciare al pargolo l'emozione della scoperta, mentre la mamma è più incline a spiegare, gioca in modo più razionale (leggi: noioso) e, pare, troppo basato sulle parole.
Il papà porta nel gioco del bambino magia, eccentricità ed emozione. Capito?
Secondo alcuni studi poi, sono proprio diversi i fattori che determinano l'attaccamento al papà. Se per la mamma sono sensibilità, accoglienza, calorosità e comprensione, per i papà sembrano prevalere cose come il tempo che si passa insieme e le interazioni che ne conseguono: più tempo si passa insieme più interazioni intense ci sono; più interazioni ci sono e più tempo si passa insieme. Una cosa così, insomma.
Alla fine ho capito che le due relazioni, mamma-figlio/padre-figlio sono semplicemente diverse e non paragonabili. Ho voluto capire così, onestamente.
Leggendo, ho trovato anche spunti interessanti di riflessione. La mamma è la responsabile dello sviluppo emotivo del bambino, nella psicologia fin qui. Adesso che le mamme lavorano e lo fanno anche con bimbi piccolissimi, questa responsabilità passerà ai padri, che passano più tempo, rispetto al passato, con i propri figli? Che impatto avrà il papà sugli adulti degli anni a venire?
Beh se la magia è il suo tratto, nella mente di un bambino, sinceramente posso immaginare solo cose positive.

lunedì 14 maggio 2012

La quinoa, la pianta sacra agli Inca.

La quinoa è entrata in casa nostra grazie a Ofelia, la nostra super tata peruviana. Una mattina ha cominciato a raccontare di questa cosa che in Perù usano tantissimo, soprattutto per i bambini che stentano a mangiare, che hanno bisogno di sostanza e fa bene a tutto. La usano anche per le persone anziane e i convalescenti. Insomma una sorta di panacea energizzante. Io, ignorantissima, ascoltavo e pensavo che mai avevo visto neppure una scatola di quinoa, che si presenta simile al miglio.
Invece al supermercato c'è, lì bella tranquilla, insieme agli altri cereali e legumi. A volta gli occhi non sanno guardare e la curiosità resta sopita, adagiata sul solito scaffale.
Sappiate che ha ottime referenze: era venerata dagli Inca come pianta sacra e viene coltivata, sulle Ande, da oltre 5000 mila anni, ultimamente è stata oggetto di studi perchè pare abbia significativi effetti di protezione del DNA, anti-invecchiamento e anti-tumorale. Senza attribuirle miracoli, ha ottima valenza nutritiva: è fonte di magnesio, fosforo, ferro e zinco; molte proteine vegetali, è totalmente priva di glutine e contiene grassi insaturi, quelli che fanno bene insomma.
Costa di più della pasta e del riso, perchè è sempre di importazione: un clima diverso da quello andino, infatti, ne rende difficile la coltivazione. E' una pianta delicata, basta uno sbalzo termico e il suo polline diventa sterile.
Per cui siamo tra i 3 e i 5 euro, per 500gr.
Si cucina bollita come il riso e poi si aggiunge alle verdure; si presta a polpette squisite ed è un'ottima base anche per i dolci. Navigando per il web si trovano tanti suggerimenti: qui qualche buona idea.
Il gusto è piacevole perchè non troppo deciso, la consistenza, una volta cotta, è morbida, adatta ai primi dentini e, se ben diluita nel brodo di verdure, anche a chi i denti ancora non li ha. Sazia molto, ne basta poca.
E' stata una bella scoperta.

domenica 13 maggio 2012

AUGURI!!

Anche se non amo le feste dedicate, mi sono svegliata stamattina con un gran voglia di augurare a tutte voi

FELICE FESTA DELLA MAMMA

A chi lo è da lungo tempo, a chi è nuova, a chi lo desidera a chi aspetta di esserlo, a chi non lo desidera, a chi non ha potuto.
A tutte, auguri di cuore e fiori a profusione.

venerdì 11 maggio 2012

Aggiungi un posto a tavola

Siamo ormai al tramonto dell'era dell'omogenizzato (con  grande sollievo).
Forte di sei denti, Cigolino chiede di poter masticare, mordere (e non solo il mio naso), di maneggiare cibo, di sfidare consistenze.
Quindi prima che mi piombi in casa una tata di "SOS tata" a bacchettarmi sull'alimentazione, è tempo di cambiare rotta. Cosa non semplice con un bimbo che mangione non è, goloso figuriamoci e decide in modo tassativo quando ne ha abbastanza. Scuote la testa, agita le mani e se io insisto sa tenere in bocca l'ultimo boccone per un tempo infinito. Ogni sera più che una cena è un'esplorazione cauta di nuovi sapori. Fortunatamente Cigolino ha gusti mediterranei e con la pasta raggiungiamo un buon compromesso.
Tant'è.
Ho trovato interessante un articolo apparso su Repubblica: il quesito di partenza era se i bambini possono seguire una dieta vegetariana da subito. Ovvero se si cresce bene anche senza mai mangiare carne.
Si è scatenata una vera e propria querelle, tra detrattori e sostenitori di questa scelta.
L'articolo si conclude con il pronunciamento  dell'American Academy of Pediatrics, il massimo riferimento mondiale per ogni problema pediatrico,che riporta sul proprio sito una presa di posizione molto dettagliata sul problema delle diete vegetariane e, di fatto, conferma che le diete vegane non sono raccomandate e quelle con uovo e latte o con il solo latte possono essere utilizzate se si accetta l'idea di eseguire controlli periodici ed eventualmente qualche esame di laboratorio ai bambini così alimentati.
Io sono carnivora, anche troppo. Carnivora con molti sensi di colpa, non conto le volte in cui "decido" di abbandonare la carne per una dieta vegetariana, ma non me la sentirei di fare una scelta così radicale per Cigolino. Per cui, al momento, credo opterò per tutta la gamma di alimenti. 
La cosa a cui vorrei abituarlo, questo sì, è a mangiare integrale. Dei danni, magari relativi, ma pur sempre danni, da cereali troppo raffinati, farine bianche e impoverite, sono piuttosto convinta. 
Avevo trovato anche un articolo interessante sul Corriere di qualche tempo fa.
Così come credo alla non necessità di bere latte, dalla dentizione in poi. 
Sono più flessibile sui derivati, yogurt e alcuni formaggi, più per comodità che per convinzione.
E' bene dare buone abitudini alimentari da subito, per questo il passaggio da alimentazione da bebè a una più tipicamente infantile è importante: ciò che imparerà adesso se lo ritroverà sempre.
Altro passaggio è quello dell'orario di cena, dal mangiare da solo, prima, al cominciare a stare a tavola con noi. Ho letto da qualche parte (aaah l'accuratezza a volte ...) che un bambino che cena regolarmente con i genitori cresce più sereno, indipendente e contento. Credo anche serva da dieta ferrea per i genitori, che occupati a imboccare, dare retta, parare lanci improvvisi, non hanno modo di mangiare. Considerando che ultimamente mi vedo snella come un orso pronto per il letargo, non rimanderò oltre: aggiungo un posto a tavola!






Commenti

Scusatemi, dall'ufficio non riesco a rispondere ai commenti (c'è un blocco su tutti i blog del web) e quindi sembra sia poco presente. Da casa non parliamone, che non accendo più il mio fido Mac da un tempo immemorabile.
Trovo molto interessanti le riflessioni di Lisbet. In particolare sul recupero della donna che eravamo prima di diventare mamme. Ecco, Sì. Il problema, per quanto mi riguarda, è proprio quello. Credo di essermi smarrita, non la ritrovo più quella donna, che tanto mi piaceva, che tanto mi faceva stare bene. Troppo di corsa, troppo affannata, troppe cose da risolvere, sistemare, recuperare. E io annaspo, nella mia bassa pozzanghera, affogo. Sbrocco, come dicevo, e la mia bandiera da primipara tardona non sventola.Trovo la situazione grottesca, oltre che dispersiva, stancante. Ho bisogno di pensare un attimo, ferma, in silenzio, fuori dagli schemi. Colorare fuori dai margini, che poi è la cosa che mi viene meglio. O veniva?

giovedì 10 maggio 2012

Il guest del giovedì: Io mamma, io compagna, io

L'angolo aKuto, lo spazio del guest del giovedì, oggi ci porta un passo più in là sulla strada di mamma. Che non è una strada con un unico indirizzo, quello di mamma appunto, ma un cammino che non può, e non deve, dimenticare ciò che noi siamo: donne. Buona lettura.


IO MAMMA, IO COMPAGNA, IO

Care mamme, la nostra strada insieme continua e questo è uno dei capitoli più difficili, almeno per me, da affrontare dal momento che per la seconda volta vivrò un riassetto delle tre dimensioni di cui parleremo.
La prima dimensione è: IO MAMMA.
Come accennavo la scorsa volta nel mix di definizioni e ruoli che la società impone noi passiamo dal ruolo di figlia a quello di mamma. Cambiano molte cose, per prima ci troviamo ad affrontare i fantasmi del nostro rapporto con la figura materna. Parlo dei timori che ciascuna di noi vive o ha vissuto di comportarsi come la propria madre ripetendo quelle che per noi sono state azioni sbagliate nei confronti dei figli. Per affrontare questo passaggio è necessario affrontare in maniera chiara ed aperta con la propria famiglia le modalità educative che vogliamo utilizzare con i nostri piccoli. Spieghiamo cosa vogliamo e cosa non vogliamo che si faccia, cerchiamo di essere assertive chiarendo con tranquillità cosa ci piacerebbe che nostro figlio imparasse, che tipo di alimentazione vogliamo che segua, che tipo di giochi desideriamo svolga. Finchè ci limitiamo a guardare le nonne che viziano i pupetti circondandoli di coccole ed attenzioni senza dir nulla, ma rimunginando e borbottando per ciascuna delle loro azioni non facciamo altro che alimentare un problema. Se impariamo a “spostare un granello di sabbia alla volta” arriveremo invece a spostare le montagne senza sforzi enormi e soprattutto senza far male a chi ci sta vicino.
L’IO MAMMA si manifesta inoltre nella comprensione che noi non solo siamo presenti nell’affettività del nostro piccolo, ma dobbiamo essere anche le figure che vietano, danno regole, rimproverano quando necessario. All’apparenza niente di strano, ma nella realtà dei fatti anche questo è un possibile elemento di difficoltà: non è così semplice vedere gli altri che si affannano ad accontentare la piccola peste perché ha dei lacrimoni che scendono mentre noi siamo le uniche che cercano di fissare un limite che salvaguardi l’educazione della nostra creatura. Anche in questo caso spalle larghe ed andiamo avanti! Se crediamo in quello che stiamo facendo, se siamo convinte, almeno in quel momento, di agire per il bene dei nostri figli, questo ci deve bastare per trovare la forza di continuare per la nostra strada. Ovviamente, a mente fredda, cercate di comprendere se la vostra reazione è stata esagerata e se sia il caso di ricalibrare le nostre scelte.
Seconda dimensione: IO COMPAGNA.
Dopo rapporti più o meno lunghi, convivenze, matrimoni crediamo di aver raggiunto un buon equilibrio di coppia e invece bastano 3 kg di creaturina per sconvolgere ogni cosa. Anche in questo caso parlare con l’altro, esternare emozioni, spiegarsi sono le vie per risolvere piccoli drammi quotidiani prima che si trasformino in battaglie durissime. Di sicuro non ci serve ingaggiare una battaglia con i nostri compagni, almeno non in questa fase della nostra vita. Bene, allora parliamo e facciamogli capire che noi siamo le stesse compagne di prima, che dobbiamo costruire insieme una nuova vita, più ricca più bella e più complessa. Importante è che lo facciamo INSIEME. Già mi posso prefigurare ciascuna di voi (ci rivedo me stessa) che pianifica, organizza e definisce nella propria mente ogni cosa, peccato che se la tenga per sé pensando bene di buttarla addosso al proprio compagno nel momento meno opportuno, quando la rabbia è ad un livello tale che le parole diventano lame affilatissime. Ferme, respiriamo e ripartiamo daccapo.
Se abbiamo un desiderio proviamo a condividerlo in maniera tale che anche il nostro compagno provi con noi a pensare ad una soluzione per realizzarlo. È il nostro compagno, è la persona con la quale abbiamo scelto di metter su famiglia, è la persona di cui ci fidiamo, chi meglio di lui per condividere, risolvere, e ripartire verso una nuova avventura?!
L’ultimo elemento della triade: IO.
Io dove sono nel puzzle? Ho sorriso leggendo il post che Lawising ha scritto lunedì 7 maggio parlando della noia della domenica di pioggia affiancata all’insofferenza per la vita domestica. Quanto mi sono ritrovata in ogni parola.
Diventare madri non significa annullarsi, chi lo fa corre il terribile rischio di cadere in stati di malattia profonda.
Diventare madri significa imparare ad aspettare, aspettiamo per 9 mesi che questi piccolini arrivino, aspettiamo che si addormentino, aspettiamo che tornino alle 3 del mattino dalla discoteca, aspettiamo… così come lasciamo che questo mood entri a far parte dei nostri comportamenti nei confronti della prole dobbiamo imparare ad aspettare che torni il nostro momento. A seconda della rete di supporto che ciascuna ha (nonne, asili, tate) e del carattere del proprio bambino i tempi saranno diversi, ma ognuna di noi ha l’OBBLIGO di tornare a prendersi i propri spazi, con calma, in modo tale che ogni nuovo elemento abbia il tempo di mettersi in equilibrio con gli altri.
Così come è accaduto in ogni fase della nostra vita in cui siamo cresciute, siamo evolute, anche ora cerchiamo nuovi spazi e modalità di realizzazione, accettando compromessi con maturità. Non continuiamo a guardare al passato rimpiangendo quello che non facciamo più. Guardiamo avanti. Evolviamo. Non fossilizziamoci. Impariamo a farci carico solo di quello che riusciamo a gestire e controllare: se lavoriamo 8/10 ore al giorno come pensiamo di andare in palestra dopo il lavoro, dar la pappa al pupetto, metterlo a letto e quindi far conversazione con nostro marito? Certo lo facciamo, ma wonderwoman, se glielo aveste chiesto, vi avrebbe risposto che era frustrata, che non ne poteva più di salvare l’universo. Almeno non tutti i giorni! Togliamoci la mantellina e magari la palestra, a cui teniamo, mettiamola al sabato mattina e che il papà si goda il pupetto in quelle ore, noi torneremo a casa dal lavoro in orari più decenti e riusciremo a concentrarci sulla cena e la conversazione.
Un passo alla volta ci riprenderemo i nostri spazi, ne conquisteremo di nuovi, alcuni condivisi (io al sabato vado al teatro dei bambini con mio figlio e mi diverto!) altri tutti per noi, per sentirci bene con noi stesse, altri ancora per sentirci mogli e compagne.
Parola della settimana: CALMA.

Alchimista

Avete in mente l'affanno? Avete presente le ore che si sovrappongono, è già sera e hai fatto la metà delle cose?
Ecco.
Io in questi giorni, così tanto che poi non riesco a fare le cose a cui tengo di più, scrivere qui, per esempio.
Ma continuo a pensare, continuo a immaginare. L'equilibrio tra lavoro e vita sta diventando il punto focale, l'asse di rotazione. Ho la convinzione che se pensi e desideri fortemente una cosa, la strada per realizzarla ti si apre davanti e la vedi chiaramente. Così insisto. Perchè non mi bastano le due ore della sera per conoscere bene Cigolino, perchè non mi basta il dopocena per mettere mano alla casa, fare la dichiarazione dei redditi. Perchè se sono così di corsa ho poco tempo per GF, per le amiche, per me. Direi che è un bilancio che punta più al fallimento che ad altro.
Penso, immagino.
E mi addormento sul divano, immancabilmente, ogni sera.
E mentre sto farneticando qui, mi arriva una catena di sant'Antonio sulla mamma, che se la mandi anche a una persona farà il giro del mondo entro domenica. E' una catena che esalta il sacrificio, l'amor materno che vince su tutto, veglie notturne a ogni età e dolore per strade sbagliate.
Il problema è, credo, che io sto cercando una mammità diversa dai luoghi comuni, da quello che si dice, da quello che ci si aspetta. Sarà per questo che al momento niente mi viene veramente in mente? troppo fuori strada? Mi sento un po' alchimista: alla conquista dell'onniscenza, alla ricerca della panacea, certa di trasformare i metalli in oro.
Se non ricordo male, non hanno avuto un grande successo vero? :D






lunedì 7 maggio 2012

Son tutte belle le mamme, ma non tutte uguali

Anche le mamme, nel loro piccolo, sbroccano.
Così io ieri.
Sarà stata la pioggia quasi incessante del fine settimana, i tuoni, i fulmini, elettricità nell'aria, Cigolino è stato elettrico anche lui.
Io ho scoperto, così, che le pile della mamma sono inversamente cariche a quelle del figlio.
Per cui ieri, ho preso la porta e sono uscita. D'impeto e nervoso. Faccio il giro dell'isolato, ho detto a un GF un po' spaesato.
Aria fresca, cielo plumbeo, attraversato a tratti da raggi spessi di sole.
Ho respirato. Ho assaporato il silenzio. Sono rientrata. Ho proseguito la mia giornata con maggiore energia.
Ho ripensato al tema del diventare mamme in età avanzata, più volte affrontato qui.
L'energie, ragazze, la questione è tutta lì.
Non la gravidanza, non i rischi, non la salute: le energie che servono, mentali e fisiche.
Una mamma un po' più in là negli anni questa cosa la deve tenere ben presente e allenarsi.
Preparare il nido, immaginare, fantasticare sono esercizi per mamme più giovani. Un allenamento fisico e mentale invece dovrebbe essere obbligatorio per mamme over 40, altro che pre-parto e prepariamoci ad accogliere il pargolo. Ginnastica e meditazione, questo serve.
E scegliere. Le cose irrinunciabili della vita com'era prima e non tralasciarle, altrimenti prima o poi quel "Ma ne valeva la pena?" può farsi insistente, come pioggia.
Poi Cigolino ride e passa quasi tutto. Gattona veloce per il corridoio al grido di mamma-mamma-mamma e pensi ok dai, che bella sensazione.
Sensazioni, abitudini, sogni, aspirazioni,sentimenti contrastanti, tutto deve trovare il giusto spazio.
Illudersi di vivere bene di sola mammità è utopia, soprattutto se mamma non sei stata per molti, molti anni.
Lo so, è poco poetica come dichiarazione, ma pazienza.
Al di là della fatica di mamma, che è assodata e non leggenda, ci sono anche i piccoli grandi cambiamenti fisici che non possiamo ignorare.
Dopo i 40 il fisico è meno reattivo, ci vuole più tempo a perdere peso, per esempio, per ricaricarsi.
Non voglio parlare di pre-menopausa, anche se non è un tema poi così remoto, ma il cambiamento, anche umorale, io l'ho notato eccome.
Dopo i 40 hai anche meno tempo per raggiungere i tuoi obiettivi professionali o meno chance di operare un cambiamento radicale di mestiere o prospettive. Questo è già sufficiente per farti sentire con le spalle al muro, e la presenza di un bambino molto piccolo può contribuire a dare un senso di smarrimento, di ineluttabilità, di strada segnata tuo malgrado.
Dopo i 40, hai gran parte delle conferme di cui hai bisogno, ma, inaspettatamente, ti rendi conto di avere urgenza di nuove e diverse. E' un po' come scivolare sul pavimento bagnato e non te l'aspettavi.
Che si fa? Uno sforzo grande (ma necessario) per riprendere il filo di tutta la propria vita. Cominciando da cose piccole, anche solo il giro dell'isolato, per riprendere piano piano, ma con decisione, il cammino verso ciò che desideriamo, per ritornare al nostro equilibrio.
Ognuna avrà il suo modo e il suo tempo.
Le mamme non sono tutte uguali, soprattutto se sono primipare tardone :).
Sono tutte belle. Sì.




giovedì 3 maggio 2012

Il guest del giovedì: LA NASCITA

Oggi K ci racconta come affrontare il momento della nascita, come interpretare le sensazioni e le necessità del periodo più faticoso: l'inizio dell'avventura. Buona Lettura!

PS. Le manine della foto qui sopra sono quelle di Cigolino e del suo papà. Per la cronaca :)




LA NASCITA: E ORA COSA SI FA?

L’evento della nascita è spettacolare e traumatico al tempo stesso, da ogni punto di vista lo si voglia affrontare. C’è il lato fisico fatto di contrazioni e spinte, c’è il lato emotivo fatto dalla transizione tra l’immagine che ci siamo create nel corso dei 9 mesi di gravidanza e la realtà dei fatti.
È un passaggio importantissimo: finalmente realizziamo che una nuova persona entra a far parte del nostro nucleo famigliare, vediamo il volto che tante volte abbiamo immaginato aggiustando di volta in volta i dettagli che lo componevano, tocchiamo le manine ed i piedini che spesso abbiamo sentito all’interno della nostra pancia….ho detto interno? Eh sì, care mamme, altro elemento fondamentale in questa transizione è che il bambino/a non è più “solo nostro”, ora appartiene al mondo, è altro da noi.
A questa fase di separazione segue immediatamente un nuovo atto di simbiosi: è un processo diverso fatto di sguardi, tocco tra le nostre mani e quelle del piccolo, calore del suo corpicino su di noi. Così come noi dobbiamo adattarci alla separazione, altrettanto i piccolini dovranno pian piano capire che ora sono all’esterno con fattori di disturbo quali la luce, i rumori non più ovattati dalla nostra pancia, il clima. Noi saremo il loro rifugio caldo, il cuscino morbido su cui rigenerarsi ed grazie al quale nutrirsi. Importante in questa fase è non seguire i manuali (buttate subito via i miei consigli!!!) ma il proprio istinto, fidatevi di voi stesse, “il bimbo sta bene se la mamma sta bene”, non è solo un detto popolare è la realtà. Agite secondo il vostro stato d’animo, se volete star sole fatelo, se volete tenere abbracciato a voi il fagottino per 24 ore al giorno fatelo, agite secondo il vostro stato emotivo, troverete da sole la vostra strada.
In questo spazio s’inserisce l’immagine che la società ci attribuisce: guardate i blog sulla maternità, compreso questo: la manina del bimbo su quella della mamma, pupetti angelici che dormono su mamme bellissime ed in forma (possibilmente truccate) e sorridenti.
È vero, c’è quest’aspetto di gioia e senso di benessere che il profumo ed il calore di un neonato ci donano.
Le neomamme sono però anche quelle che non dormono per intere notti, che ogni 10 minuti hanno la maglia sporca di tracce di rigurgito, che imparano a farsi la doccia in 4 secondi netti, che piangono perché sono sfinite e non riconoscono il loro corpo che con tempi più o meno lunghi sta tornando alle forme originali. Insomma è bellissimo avere un bimbo, ma che fatica!
La società ci chiude in questo ruolo di mamme. Utilizzo il termine “chiude” proprio perché è così che ci sentiamo: da un lato la chiusura è nostra, ricerchiamo la giusta e necessaria intimità con il nuovo/a arrivato, dall’altro lato il mondo sembra sfuggirci. Dopo un primo momento in cui tutti sono passati a trovarci, sembra che perdano interesse nei nostri confronti. Il nostro compagno, per quanto presente e “mammo” torna al lavoro (mio marito diceva “mi godo 8 ore di ferie…”), le amiche si divertono senza di noi in cene e aperitivi. Sembra che la nostra vita si componga solo di pannolini, odore di latte rancido, colichette, nonne invadenti (povere nonne, per fortuna esistono!...ma a volte….), e chi vorrebbe stare con una così?? E qui, complice anche il calo di ormoni, arriva la frustrazione, il desiderio di tornare indietro, di svegliarci da un sogno. Essere mamma è faticoso, la mia ostetrica (50enne con tre figli) mi ha detto, “cara mia superati i 40 giorni del puerperio hai vinto!”.
È un periodo durissimo in cui vorremmo sentirci felici, così come ci eravamo immaginate nel corso della gravidanza, ma non sempre riusciamo ad esserlo.
Siamo stanche, sfinite dal parto, spesso con suture da cesareo, ragadi da allattamento, piccoletti che urlano incessantemente per le coliche…a tutto questo non siamo preparate. Abbiamo talmente tanta paura di far male al nostro piccolo che la pressione e la responsabilità portano lo stress a picchi d’intensità altissima. Siamo come Atlante, tutto il globo è sulle nostre spalle, anche se lasciamo i piccoli al papà migliore del mondo per fare la doccia non siamo serene. Non ci fidiamo neppure delle stesse mamme che ci hanno messe al mondo e fatto arrivare fino a qui…solo noi sappiamo cosa fare, solo nostro è il compito!
E quindi? Quindi, così come dicevamo nello scorso incontro, non temiamo di raccontare ciò che proviamo a chi ci sta vicino, non c’è niente di male a dire “scusatemi, sono stanchissima, vorrei una pausa”, vedrete che l’aiuto arriverà e qualora non troviate supporto spontaneo pretendetelo, fate valere il vostro diritto di essere persone. Ricordo che ho imparato a divertirmi un po’ di più nel ruolo quando il mio piccolo aveva circa 20 giorni: sabato mattina, l’ho mollato al papà ed ho detto, io vado dal parrucchiere, ne ho bisogno. Un passo importante che dobbiamo imparare a fare senza sensi di colpa proprio perché la frustrazione non sedimenti e diventi rabbia distruttiva e desideri inconfessabili.
Ci saranno momenti in cui vorrete scappare, LaWising mi ha detto che una volta è uscita sul pianerottolo ed ha pensato di andar via, tempo di chiudere la porta ed è rientrata. Non è follia, è solo desiderio di sentirci di nuovo libere nelle nostre scelte, piccoli gesti che ci dicono, “sei ancora tu”.
Esternare questi bisogni ci serve a trovare l’energia per affrontare tutto il resto.

mercoledì 2 maggio 2012

Opposti.

- Non sono più vacanze, vero?
- Te ne sei accorta anche tu?
- Siamo usciti a cena solo una sera, ma mangiando di fretta: lo sai già che si metterà a piangere da un momento all'altro.
- E i negozi? Sei riuscita a...
- Ma figurati! Appena varchi la soglia il tempo di pensare che ci sono un sacco di cose belle e lui sta già piangendo così forte che le persone escono dai camerini.
- Vero, eh? Forse l'unica via è l'e-commerce, comprare on line.
- Già...ma vuoi mettere ...
- Sì. Poi pensi però che sono così teneri questi pargoletti, ti fanno ridere, tanti baci ...
- Sì sì. Però, cavolo, non hai più un attimo, tutto è in funzione loro.
- Si sarà divertito un sacco però
- ah sì tantissimo, un sacco di novità, lo vedevi proprio contento.
- Magari tra un po' saranno vacanze diverse e di nuovo vacanze per tutti
- Magari fra un 3 anni, che sono un po' più indipendenti ...
- Passano in fretta secondo te?
- Uhm ...no ... mi sa di no ...
- Ecco.

Conversazione di stamattina con la mia collega-amica, con bimbo di poco più piccolo di Cigolino.
Occhiaie. Poco da raccontare delle appena passate mini-vacanze. Un attimo dopo stavamo lodando gattonamenti, pappe nuove, tentativi di camminata e guarda che ho visto dei body carinissimi in quel negozio...
La maternità ti cambia così tanto che non ti accorgi neppure di essere stata in vacanza.
Eravamo sinceramente contente di essere in ufficio oggi (e ho detto tutto), anche se poi dura poco, anche se poi hai voglia di tornare a casa a gattonare un po' anche tu. Un attimo dopo, però, sogni un week-end di silenzio, senza pappe o altro, un week end adulto, di dormite a oltranza e senza orari.
La mammità (e la paternità) è un gioco fortissimo di opposti.

martedì 1 maggio 2012

Parola d'ordine: giocare!

Un ponte così lungo e con un tempo così brutto è una prova notevole.
Per le illusioni infrante da impiegato otto ore al giorno, che poi ho 5 giorni in fila e speriamo di prendere un po' di sole.
Allora che si fa? I genitori ventiquattrooresuventiquattro, naturalmente. Intendiamoci, non è che quando si lavora ci si dimentichi di essere genitori, ma quelle ore fuori casa, incredibilmente e nonostante tutto, danno sollievo alle fatiche. E non è che se ci fosse stato il sole si poteva essere genitori part-time, ma magari genitori all'aperto, con baby alla deriva sul passeggino, tra sole e mare.
Il brutto tempo però ci ha regalato nuove cose, osservazione attenta. Cigolino è cresciuto e si sappia che i bambini intorno all'anno crescono da un giorno all'altro: un giorno giocano in un modo, il giorno dopo sanno fare nuove cose. E' sorprendente!
Improvvisamente ha preso il telecomando e ha finto una conversazione telefonica.
Si nasconde sotto un panno, una coperta, per poi apparire all'improvviso.
Fai i muscoli e li tende così tanto che quasi trema e mentre lo fa ride.
Si toglie un calzino, lo annusa, sbuffa, lo butta via.
In mancanza del calzino, strofina il suo coniglietto su un piede, lo annusa, sbuffa e lo butta via.
Balla seduto, con le sigle dei cartoni animati.
Canta, improvvisamente.
Fa le vocine per far giocare i suoi pupazzi.
Fa la molla con le gambe, sembra sempre sul punto di alzarsi in piedi (e prima o poi succederà).
Adora giocare a palla: lui lancia, tu rincorri e rilanci.
Vuole stare a tavola con noi e vuole cose da masticare.
Sa dove sono i piedi, la pancia e anche le mani (sul resto siamo ancora un po' confusi).
Tutto questo, settimana scorsa, non c'era.
Sarà stata la full immersion mamma-papà-nonni, ma in 4 giorni ha avuto una svolta decisa, uno scatto.
Continuiamo a dire: "ma hai visto?"
Abbiamo riso tanto in questi giorni. Cigolino sta tirando fuori il lato buffone dei bimbi, è felice se riesce a far ridere e non solo se lo si fa ridere.
In tante risate e tante scoperte è importante non dimenticare che è anche un momento delicato.
E' da adesso in poi che l'attenzione a rapportarsi con lui deve essere particolarmente attenta. Per non frenare i suoi entusiasmi e le sue sperimentazioni, per incoraggiarlo nelle nuove cose, per farlo sentire sicuro di sè. E' vero che alla centesima ripetizione di quel gesto che ci fa ridere, subentra nei genitori un filino di spleen, ma è proprio ripetendo all'infinito che lui impara, consolida, fa proprio.
Per cui pazienza, tanta pazienza e curiosità (e ogni tanto darsi il cambio).
Parola d'ordine: giocare. Sempre.