Com'è iniziata ...

Mi avevano detto che i figli bisogna averli da giovane.
Mi avevano detto che dopo i 35 è rischioso e anche faticoso.
Mi avevano detto che dopo i 40 è follia.
Quello che non dicevo io era che non avevo tutta questa intenzione di riprodurmi.
E niente, poi è andata che mi sono ritrovata a scrivere un blog per mamme, con un occhio di riguardo alle over 40.

martedì 4 ottobre 2011

Lasciamoli piangere

Oggi ho lasciato Cigolino un paio d'ore con la tata.
La macchina organizzativa si è messa in moto, sto prendendo le misure per arrecare a lui meno strapazzo possibile e lasciare a me il tempo di fare ciò che devo senza affanni.
L'esperimento è andato benissimo. Lei mi ha raccontato che è stato bravissimo, sorridente, tranquillo e nella passeggiata al parco si è fatto una bella ronfata.
L'ho riportato a casa per pranzo.
Non appena seduto sul seggiolone, faccia a faccia io e lui, è scoppiato in un pianto fragoroso, inconsolabile, lacrime e lacrime.
Sono rimasta impietrita. Il primo pensiero che mi ha attraversato è stato: gli è dispiaciuto tornare a casa.
Troppo balzano, ovviamente.
Sono rimasta lì davanti a lui, cercando di capire.
L'errore che spesso si fa è attribuire al pianto del bimbo una valenza negativa, riversiamo in quelle lacrime sentimenti adulti. Cerchiamo di fermare le lacrime, è una reazione istintiva.
Il bambino piccolo invece piange per comunicare, non necessariamente ciò che ha da dire è negativo, per cui il pianto non indica sempre una sofferenza e neppure un bisogno primario.
Berry Brazelton (noto pediatra americano), per esempio, individua diversi tipi di pianto e ne sottolinea il ruolo terapeutico e autoconsolatorio.
Cigolino si stava sfogando, mi stava dicendo della sua nuova mattinata, probabilmente anche che gli sono mancata, stava scaricando le tensioni che le novità danno. L'ho fatto piangere, passeggiando con lui per casa, dicendogli fai bene a sfogarti che altrimenti ti rimane tutto lì ed è peggio.
Alla fine mi ha fatto un sorriso umido, si è messo il dito in bocca e si è addormentato.
Sono rimasta un attimo in bilico sulla lama del senso di colpa, quella così tagliente che se ci cadi sù ti fa a fette in un secondo. L'asta dell'equilibrista è riuscire a dare il giusto significato al pianto, accoglierlo come si accoglierebbe un racconto o uno sfogo, accettarlo e far sentire accettato il bambino, che trova ben poca consolazione nel nostro tentativo di placare il suo modo di comunicare.
Lasciamoli piangere, ne hanno bisogno; coccoliamoli senza paura di viziarli; non attribuiamoci colpe inesistenti.

3 commenti:

  1. Hai proprio ragione! Non sai quanto volte Ricki mi dice: stai attribuendole sentimenti adulti, o meglio una valenza sentimentale al suo pianto. Non è così. E' solo comunicazione. Ma io, quando piange molto, vado nel panico e l'istinto è pensare dove ho sbagliato, dove non ho capito, cosa non ho fatto? Attribuire nostri pensieri e sentimenti ai figli è probabilmente la cosa più semplice e nello stesso tempo più errata che facciamo.
    LISBET

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  2. Coccole, parola chiave...ho imparato sulla mia pelle e su quella di Anna e Elena. Per fortuna l'ultima piange poco, ma accogliendola ho anche appreso quando il pianto aveva una valenza diversa (combinazione in caso di estrema stanchezza, fame o fastidio per la posizione scomoda). Non credo che lasciarli sfogare sia una tortura e a volte serve a tutti un bel pianto liberatorio, no? Io e i sensi di colpa stiamo divorziando, mi hanno fatto troppo male e mi hanno tolto moltissimo. Basta! :)

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  3. E' un divorzio che ho consumato tempo fa, anche se non è stato così netto come vorrei .... tant'è, coccoliamoli! Com'è stato il rientro?

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Quattro chiacchiere fanno solo bene, accomodati :)