Oggi ho avuto una bella, lunga e sono sfinita riunione con il care manager, ovvero la persona che in azienda si occupa di attuare piccoli/grandi accorgimenti per fare stare meglio tutti, che studia le politiche di welfare, che cerca le soluzioni migliori.
Fortunatamente siamo molto allineate sul da farsi, c'è unità di intenti e consapevolezza sulla necessità di lavorare su più fronti per mettere in equilibrio il tutto.
Le mie idee, che magari vi racconterò, ma non vorrei tediarvi oltre il limite, sono piaciute e un sacco di complimenti sul lavoro fatto, le ricerche e bla bla.
Il problema vero è quello che immaginavo:
la forte, cocciuta resistenza del management dell'azienda alla flessibilità, cioè a quella minuscola perdita di controllo che pare metta in crisi l'intero sistema.
Il lavoro da fare dunque è convincere i grandi capi, ovvero rendere chiaro il ritorno economico (diretto e indiretto) che un'azienda con buona pratica di welfare ha.
Ma chi serve un welfare che favorisca il work life balance?
A tutti, indistintamente.
L’errore più comune è quello di pensarlo solo riferito a famiglie giovani, con
figli piccoli. Molto spesso si pensa sia un argomento da mamme (e anche le
mamme pensano spesso così), riducendo di molto i destinatari e di conseguenza
l’interesse comune a cercare soluzioni.
Una maggiore flessibilità,
sostenibile da lavoratore e azienda, è
invece un obiettivo comune e trasversale a cui tendere.
Per chi ha genitori anziani da assistere
Per chi desidera completare/iniziare un corso di
studi
Per le famiglie con bambini
Per una migliore distribuzione dei carichi di
lavoro domestico
Per esigenze temporanee e non prevedibili
Ecc.
Non di sole mamme costrette a
scegliere tra lavoro e figli, dunque, vive il work life balance.
Tecnologia, risultati, presenza
Considerato che l’uso della tecnologia è sempre più strutturato e
consapevole, nonché necessario al raggiungimento degli obiettivi e che molte
delle attività svolte in azienda vengono già misurate sui risultati, la
PRESENZA è la variabile effettivamente migliorabile.
Studiare
e attuare metodologie di flessibilità che assicurino il conseguimento dei
risultati, assicurino all’azienda un continuum di engagement a prescindere dal
tempo di presenza e sollevino il lavoratore da un compromesso spesso pesante in
termini economici, psicologici e di aspettative di carriera è, di fatto, il
punto di convergenza tra wlb e attuazione del welfare.
Questa la dichiarazione d'intenti. Adesso bisogna anche dimostrarlo. Non è impossibile, tutt'altro.
Io poi non mi arrendo.
Se conoscete qualche buona pratica di welfare, segnalatemela, così come dati, storie di successo ecc. ecc.
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