Com'è iniziata ...

Mi avevano detto che i figli bisogna averli da giovane.
Mi avevano detto che dopo i 35 è rischioso e anche faticoso.
Mi avevano detto che dopo i 40 è follia.
Quello che non dicevo io era che non avevo tutta questa intenzione di riprodurmi.
E niente, poi è andata che mi sono ritrovata a scrivere un blog per mamme, con un occhio di riguardo alle over 40.

venerdì 29 giugno 2018

Non siamo imperfetti, ma innovativi.

Mi ero convinta che quel senso lì, quello in cui hai sempre la percezione netta di star facendo un gran casino, si affievolisse con l'andare del tempo.
Speravo, sinceramente, di arrivare al punto zen del "sia quel che sia io sto facendo il mio meglio". A volte lo penso davvero, immediatamente dopo interviene un fatto che rimette tutto in discussione.
A me piace capire il perchè delle cose, prenderne atto non mi basta.
E alla fine ho capito, o per lo meno mi sono convinta della mia versione dei fatti.
Della mia infanzia ho ricordi forti. 
Tutto era forte: il tono a milledecibel delle sgridate di mia mamma (papà rompeva il muro del suono, è fuori statistica); il sole d'estate che non aveva filtri di protezione; l'asfalto che abbracciavi nel tentativo di imparare a stare sui pattini, sulla bici, in piedi; la corrente elettrica quando infilavi le dita nella presa; il sapore di certi cibi, tipo la salsa verde di mia nonna; le cinghie della cartella che segavano in due le spalle e di imbottitito, ergonomico, confort non c'era niente. 
Erano forti anche le emozioni: i cartoni animati ti straziavano o ti convincevano che per avere una vita avventurosa fosse necessario essere orfani, con relativi sensi di colpa; tornare da scuola con un brutto voto equivaleva a sfidare la sorte e a perdere ero sempre io; le punizioni erano sempre esemplari, ma non ho mai capito a chi servissero tutti quegli esempi; il non riuscire bene in qualcosa era per i miei un segnale evidente del dispiacere che, intenzionalmente, volevo dare loro, con relativi sensi di colpa; la disgrafia, dislessia, disordini vari venivano liquidati come pigrizia e risolti facilmenti con olio di gomito, la parola logopedista mi è rimasta sconosciuta fino all'università; ciò che pensavo o volevo io era liquidato con "cosa vuoi saperne tu" e con "l'erba voglio non esiste neanche nel giardino del re", con quel senso di inadeguatezza che ha fatto della mia generazione la più tossicodipendente di sempre.
Erano forti anche le doti che dovevi sfoderare e credo che gli influencer di oggi siano fortemente in debito con i bambini degli anni 70-80. Se i più fighi avevano le Nike e tu le Tepasport, stava a te convincere il resto del mondo che erano le tue le scarpe giuste; se la bici doveva essere saltafoss, ma a te era capitata la graziella, stava a te dimostrare che con la graziella potevi andare più veloce, impennare meglio, salvarti comunque anche lanciandoti in un fosso.
Se eri fuori, non eri rintracciabile. Punto. Se arrivavi tardi non finiva in baci e abbracci di commozione per il ritorno, ma in un "facciamo i conti dopo" così sibilato che già lasciava i segni, come una frustata. 
Era tutto forte, sì. Forse così forte che ci ha trattenuto lì e siamo ancora quei bambini che, immaginandosi adulti e genitori,  giurano a se stessi che faranno tutto diverso con i loro figli, tutto il contrario. 
Non siamo imperfetti, siamo fedeli a quel giuramento. Certo, saremmo dovuti crescere, evolvere, farci un'opinione più strutturata del cosa significhi essere genitori. Ma no, noi siamo ancora quelli là.
Non abbiamo idea se stiamo facendo bene o male, perchè non abbiamo termini di paragone. Siamo innovativi, disruptive, coerenti alla ribellione messa in atto durante l'infanzia.
D'altra parte, rischiavamo la vita, dentro e fuori casa, per un nonnulla, per la sola curiosità di infrangere un limite imposto o anche solo immaginato. Chiaro che siamo forti e rivoluzionari: abbiamo combattuto un sacco.
Crescere è stato rottura, sperimentazione, errore, difficoltà, meraviglia, sacra arte dell'arrangiarsi, commuoversi fino alle lacrime, ridere fino a piangere, correre più veloci del vento e della ciabatta di mamma. 
In tutto ciò, i nostri genitori, non si sono mai interrogati sulla loro adeguatezza: il loro compito era mantenerci vivi, in salute e traghettarci alla maggiore età.
In cambio hanno voluto solo che collaborassimo a quanto sopra. Voluto, non chiesto.
Noi abbiamo abolito i limiti, senza considerare che servono anche a noi. Altrimenti cos'hai da superare?
Abbiamo reso tutto confort, non solo gli spallacci della cartella, dimenticando che è quando sei scomodissimo che cambi posizione.
Non vogliamo, chiediamo e così ci mettiamo a negoziare con i bambini. Di solito vincono loro.
Probabilmente funzionerà anche così. 
Non siamo imperfetti, stiamo esplorando nuove possibilità.




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