Com'è iniziata ...

Mi avevano detto che i figli bisogna averli da giovane.
Mi avevano detto che dopo i 35 è rischioso e anche faticoso.
Mi avevano detto che dopo i 40 è follia.
Quello che non dicevo io era che non avevo tutta questa intenzione di riprodurmi.
E niente, poi è andata che mi sono ritrovata a scrivere un blog per mamme, con un occhio di riguardo alle over 40.

martedì 22 settembre 2015

Tutto da rifare, a misura di vita.

Una delle prime notizie che mi aspettava al rientro dalle vacanze era la maternità della capessa di Yahoo che raggiante annunciava di aspettare due gemelli e ancor più raggiante e soddisfatta, aggiungeva anche che sarebbe tornata subitissimo al suo lavoro,che non è perchè una partorisce due bambini deve poi star lì a crogiolarsi.
Naturalmente ne è seguito un certo chiacchiericcio, spesso serio e fondato, sul perchè e per come e se veramente queste wonderwomen possano o meno essere un modello da seguire. Il tutto accompagnato da retrospettive su altre maternità più o meno eccellenti, di mamme altrettanto super che partoriscono e hanno di nuovo addominali scolpiti, un posto di lavoro, una carriera, qualche intervista e ciao ciao voi mamme qualunque che vi arrabattate in qualche modo.
E noi lì. A scorrere le notizie. A dirci che vabbè se avessimo 3 tate e vivessimo nel castello fatato certo, lo faremmo anche noi di partorire e tornare subito a mietere successi, ben sedute sul tetto di cristallo con i piedi a penzoloni, che dondolano nel vuoto in cui, apparentemente, il resto dell'universo femminile vive.
Però.
Poi ci ho pensato bene bene.
E no.
Non tornerei subitissimo a lavorare, anzi. Magari non tornerei proprio più, chi lo sa.
Soprattutto se avessi un lavoro parecchio impegnativo, di grandi responsabilità, molti soldi e poco tempo altro, quel tempo che esiste fuori dall'ufficio e che non dovrebbe spaventarci, anzi.
Beh, certo, dal basso del mio impiego qualunque è facile dirlo, potreste obbiettare.
Forse.
Però ieri in treno mi sono resa conto di una cosa.
Ascoltavo la conversazione di due ragazzi.
Uno in giacca e cravatta, l'altro zaino in spalla, tutt'e due giovani, intorno ai 30.
Giacca&cravatta fa il cacciatore di teste "E' proprio brutto da dire - si giustificava - ma io vado a caccia di persone. Le devo far uscire dall'azienda in cui lavorano e mandarle a lavorare in un'altra. Minkia zio, è durissima" (cit. testualmente)
"Minkia sì, che lavoro! Io viaggio e dove arrivo trovo un lavoro, invece. Imparo un sacco di cose"
"Però! Anche tu non scherzi a cose complicate eh - incalzava Giacca&Cravatta - tu pensa che io potrei un giorno dover convincere Marchionne a passare in Audi. Che storia"
"Io sto tornando adesso dalla Norvegia - ribatte ZainoinSpalle - esperienza tosta"
E via così, a ruote di pavone, in un italiano da far cadere le calze e bollire il latte alle ginocchia. Ma non è del lessico. E' della capacità di valorizzare anche il niente, tipica degli uomini. Un po' gliela invidio questa capacità.
Mentre sentivo il frusciare delle loro piume, pensavo che dovremmo imparare a dare un gran valore alla capacità di diventare madre. Che abbiamo solo noi, un uomo non ci potrà mai sostituire, superare e neppure lontamente uguagliare in questa capacità. Banalità, ok, eppure la maternità è vista troppo spesso come un ostacolo dagli uomini, come un handicapp dalle donne, un qualcosa da disbrigare, perchè abbiamo ben altro da fare.
Invece dovrebbe essere il fulcro intorno a cui ruota tutto il resto della società. Senza di noi neppure ci sarebbe una società, in fondo.
Ci vorrebbero orari di lavoro a misura di worklifebalance, a cui si adeguano tutti, sì anche gli uomini. Non due velocità e le donne sempre a inseguire.
Ci vorrebbe un welfare che non si basa sulla presenza e buona volontà dei nonni, ma sulle reali necessità delle famiglie, qualunque ne sia la composizione.
Ci vorrebbero congedi parentali uguali, congiunti e non alternati, perchè una famiglia che nasce (qualunque tipo di famiglia sia) ha bisogno del suo tempo per organizzarsi. Sì, anche con 3 tate,
Ci vorrebbe ripensare profondamente alla vita di tutti.
Le necessità di una mamma assomigliano a quelle di un figlio che accudisce un genitore anziano, per esempio, a quelle di un giovane che lavora per mantenersi agli studi, a quelle di chiunque, uomo o donna, non necessariamente genitore, che ha bisogno di tempo fuori dal luogo di lavoro. Non viviamo più intorno all'aia e se io sono ad arare il campo c'è una nonna o una zia che si occupano dei bambini, degli anziani e di mandare avanti la casa.
Siamo sempre più spesso famiglie sparpagliate: siamo andati via dall'aia per studiare, per trovare lavoro e fortuna, non siamo tornati più. Siamo da soli. Dobbiamo fare da soli e riuscire a fare tutto, bene possibilmente.
La soluzione non è il part time con un part stipendio; non è rinunciare spontaneamente o spintaneamente alle proprie ambizioni; non è confrontarsi continuamente con un mondo del lavoro che ha dinamiche antiche, pensate e consolidate in tempi in cui la maggior parte delle donne  non lavorava e mai più, seriamente, riviste.
Lo so, non mi fa benissimo passare troppo tempo in treno ;)

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