Una di queste è: è triste.
Ho guardato la maestra negli occhi e per farlo ho alzato bene bene il mento all'insù, perchè lei è alta, imponente e io sono piccolina.
"Come è triste, quando?"
"Uh sia ieri che tutto venerdì. Ogni tanto piangeva e non aveva voglia di giocare. Diceva che la mamma non gli aveva dato un bacio".
Venerdì e ieri sono uscita prestissimo da casa, l'ho baciato senza svegliarlo, sono uscita in punta di piedi, che è così che iniziano sempre le mie giornate più lunghe.
Il bacio del sonno non lo sente, anche se glielo lascio sugli occhi perchè entri nei sogni, così come lui mi schiocca sempre baci nelle orecchie "così li hai nel cervello e nei pensieri" mi dice sempre. Ho più baci che neuroni ultimamente, dovreste provare, si sta benissimo.
Non ricorda i baci.
E' triste. Non felice, dunque.
A una mamma, per quanto possa essere un po' destrutturata come me, questa cosa entra dritta nel cuore, tipo trivella e fa un buco da parte a parte, che ho il cuore a bucaneve da stamattina.
Vanno così le cose, per le mamme che lavorano.
Va che è un continuo gioco di equilibrio tra ciò che devi fare (lavorare) e ciò che vorresti veramente (avere più tempo, fare di più, fare in modo che non sia triste). Così in metropolitana ho cominciato a vagliare varie ipotesi, ma soprattutto a chiedermi cos'è la felicità, cos'è veramente, che vorremmo per i nostri figli e, di più, come si fa.
Che i figli arrrivano senza il libretto delle istruzioni ce lo diciamo sempre, ma questa è una pecca che ci portiamo dietro da sempre.
Ciò su cui non sempre ci fermiamo a ragionare che noi genitori di oggi stiamo vivendo un periodo storico nuovo, quindi al di là del libretto, anche a guardarsi indietro non abbiamo molti riferimenti.
Non avendo uno storico, improvvisiamo molto.
Noi adesso vogliamo che i figli siano felici. Sì, anche quando non ci vedono, che siamo usciti in punta dei piedi e tornati che la luna era già alta.
Il che, pensandoci, è un'asticella piuttosto alta. Voglio dire, non riusciamo a raggiungere la felicità per noi stessi, farla raggiungere a qualcun altro è una pretesa tra il visionario e il folle.
Mi è tornata in mente allora una conversazione di Jennifer Senior, giornalista di punta del New York Times e scrittrice, che qualche tempo fa diceva che abbiamo scritto guide di ogni tipo su come allevare bambini, ne abbiamo scritte tante e con ottime intenzioni. Prese tutte insieme però, tutte queste guide, trasmettono solo ansia.
"Vedo un gigantesco monumento color caramella alle nostre paure collettive, e mi fa desiderare di sapere perché crescere i nostri figli debba essere associato con così tanta angoscia e così tanta confusione. Perché siamo così confusi da qualcosa che gli esseri umani fanno con successo da millenni, da molto prima che arrivassero le bacheche per genitori e gli studi di settore. Come mai così tante mamme e papà vivono il ruolo di genitori come una specie di crisi?"Probabilmente perchè siamo genitori senza riferimenti nel passato. In campo educativo è cambiato tutto e noi navighiamo a vista, senza poter neppure tener conto dei consigli della nonna, che viveva in un mondo che non esiste più.
"Ognuno di noi ha fatto o detto qualcosa in grado di ferire che vorremmo tantissimo non aver fatto o detto. Penso che in un'altra epoca non avevamo così tante aspettative da noi stessi, ed è molto importante che ce lo ricordiamo la prossima volta che osserveremo con il cuore in gola quegli scaffali (con le guide su come educare i figli, ndr). Non sono davvero certa di come creare nuove regole per questo nuovo mondo, ma penso che nella nostra ricerca disperata di creare figli felici potremmo prendere per buono il confine morale sbagliato. Mi colpisce come obiettivo migliore, ed oserei dire più virtuoso, concentrarci nel creare bambini produttivi e bambini morali, e sperare semplicemente che la felicità arrivi per loro in virtù del bene che fanno e dei loro traguardi e dell'amore che ricevono da noi. Questa comunque è una risposta al non avere un copione. In assenza di nuove regole seguiamo semplicemente quelle vecchie del libro, decenza, un lavoro etico, amore, e lasciamo che la felicità e la stima di sé si prendano cura di loro. Penso che così facendo, i bambini staranno ancora bene, e così i loro genitori, probabilmente in entrambi i casi anche meglio".Hai ragione Cig ad essere triste, ma ci sono giorni, ce ne saranno ancora, in cui non mi sarà possibile renderti felice. In quei giorni ricordati quello che ti canticchiavo da bebè: "Don't worry, be happy".
I baci poi te li lascio sempre sul cuscino :)
Questo è un argomento che mi colpisce nel vivo. Io donna perennemente sorridente, che me ne vado in giro con un sorriso a 50 denti tutto il giorno, tutti i giorni..che non è per forza felicità, ho una figlia che è seria sempre..che non è per forza infelicità.
RispondiEliminaLei ha tardato a sorridere e tuttora se la ride si..ma non è una dal sorriso facile. Per me inaccettabile! Sono andata avanti mesi a domandarmi come avessi fatto, io, proprio io a fare una figlia che non sorrideva. Anna è anche una che si lamenta, che le girano le scatole (proprio come un adulto lunatico) e anche questo per me era inaccettabile.
Alla fine ho capito che il problema sono io non lei. In realtà Anna sta benissimo, ha solo un carattere diverso dal mio..ma che dico diverso..è l'altra faccia del mio carattere. Quella che mi dice : guarda che non succede mica niente se abbassi la guardia e smetti di sorridere, non significa che sei infelice se smetti di sghignazzare tutto il tempo. Sei solo più forte, sicuro di te , capace di accettare tutte le varie sfaccettature della vita. Il mio sorriso è una difesa, la sua serietà una forza. La verità è che nutriamo aspettative verso noi stessi che trasferiamo sui nostri figli. Vorremmo essere perfetti ai loro occhi e crediamo di diventarlo rendendoli felici. Ma felici come, felici per cosa? Non conosciamo noi stessi talvolta, figuriamoci loro. Che cosa è questa felicità? Che cosa è questa perfezione? Non vivranno in una bolla di sapone lontani dalle difficoltà della vita e dal male che gli faremo inevitabilemente. Mi viene in mente quel bellissimo verso: “Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza. Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno. Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza…”...questa è la vita.. LISBET
Eh cara Lisbet, non avrei saputo dirlo meglio. A me comunque disturba di più che siano gli altri a insinuare la nostra non perfezione. Quel buttare lì frasi tipo "eh, ma come non vieni a raccogliere i fiori alle 14.30 domani?" "Lavoro a quell'ora, lavoro tutti i giorni a quell'ora" "Aaah questo lavoro" come se fosse un vizio, un divertimento ostinato ed egoistico. Ho mamme intorno così, anche le maestre a volte. Questo mi disturba, molto più dei giorni tristi di Cig. Quel dire velatamente che sei lontanissima dalla perfezione perché non ci sei, come fosse una scelta libera e scriteriata. Questo mi rende infelice. A volte, in ambito scuola/mamme/bimbi, mi sento un po' sola. Pesa. Cig è buffone come me, ha sense of humor, un principio di pensiero laterale parecchio interessante. Se sei fatto così di giorni tristi ne avrai tanti, lo so già. A lui non metto l'asticella della felicità, così sarà libero di pensare ;)
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