IO
MAMMA, IO COMPAGNA, IO
Care mamme, la nostra strada
insieme continua e questo è uno dei capitoli più difficili, almeno per me, da
affrontare dal momento che per la seconda volta vivrò un riassetto delle tre
dimensioni di cui parleremo.
La prima dimensione è: IO
MAMMA.
Come accennavo la scorsa
volta nel mix di definizioni e ruoli che la società impone noi passiamo dal
ruolo di figlia a quello di mamma. Cambiano molte cose, per prima ci troviamo
ad affrontare i fantasmi del nostro rapporto con la figura materna. Parlo dei
timori che ciascuna di noi vive o ha vissuto di comportarsi come la propria
madre ripetendo quelle che per noi sono state azioni sbagliate nei confronti
dei figli. Per affrontare questo passaggio è necessario affrontare in maniera
chiara ed aperta con la propria famiglia le modalità educative che vogliamo
utilizzare con i nostri piccoli. Spieghiamo cosa vogliamo e cosa non vogliamo
che si faccia, cerchiamo di essere assertive chiarendo con tranquillità cosa ci
piacerebbe che nostro figlio imparasse, che tipo di alimentazione vogliamo che
segua, che tipo di giochi desideriamo svolga. Finchè ci limitiamo a guardare le
nonne che viziano i pupetti circondandoli di coccole ed attenzioni senza dir
nulla, ma rimunginando e borbottando per ciascuna delle loro azioni non
facciamo altro che alimentare un problema. Se impariamo a “spostare un granello
di sabbia alla volta” arriveremo invece a spostare le montagne senza sforzi
enormi e soprattutto senza far male a chi ci sta vicino.
L’IO MAMMA si manifesta
inoltre nella comprensione che noi non solo siamo presenti nell’affettività del
nostro piccolo, ma dobbiamo essere anche le figure che vietano, danno regole,
rimproverano quando necessario. All’apparenza niente di strano, ma nella realtà
dei fatti anche questo è un possibile elemento di difficoltà: non è così
semplice vedere gli altri che si affannano ad accontentare la piccola peste
perché ha dei lacrimoni che scendono mentre noi siamo le uniche che cercano di
fissare un limite che salvaguardi l’educazione della nostra creatura. Anche in
questo caso spalle larghe ed andiamo avanti! Se crediamo in quello che stiamo
facendo, se siamo convinte, almeno in quel momento, di agire per il bene dei
nostri figli, questo ci deve bastare per trovare la forza di continuare per la
nostra strada. Ovviamente, a mente fredda, cercate di comprendere se la vostra
reazione è stata esagerata e se sia il caso di ricalibrare le nostre scelte.
Seconda dimensione: IO
COMPAGNA.
Dopo rapporti più o meno
lunghi, convivenze, matrimoni crediamo di aver raggiunto un buon equilibrio di
coppia e invece bastano 3 kg di creaturina per sconvolgere ogni cosa. Anche in
questo caso parlare con l’altro, esternare emozioni, spiegarsi sono le vie per
risolvere piccoli drammi quotidiani prima che si trasformino in battaglie
durissime. Di sicuro non ci serve ingaggiare una battaglia con i nostri
compagni, almeno non in questa fase della nostra vita. Bene, allora parliamo e
facciamogli capire che noi siamo le stesse compagne di prima, che dobbiamo
costruire insieme una nuova vita, più ricca più bella e più complessa.
Importante è che lo facciamo INSIEME. Già mi posso prefigurare ciascuna di voi
(ci rivedo me stessa) che pianifica, organizza e definisce nella propria mente
ogni cosa, peccato che se la tenga per sé pensando bene di buttarla addosso al
proprio compagno nel momento meno opportuno, quando la rabbia è ad un livello
tale che le parole diventano lame affilatissime. Ferme, respiriamo e ripartiamo
daccapo.
Se abbiamo un desiderio
proviamo a condividerlo in maniera tale che anche il nostro compagno provi con
noi a pensare ad una soluzione per realizzarlo. È il nostro compagno, è la
persona con la quale abbiamo scelto di metter su famiglia, è la persona di cui
ci fidiamo, chi meglio di lui per condividere, risolvere, e ripartire verso una
nuova avventura?!
L’ultimo elemento della
triade: IO.
Io dove sono nel puzzle? Ho
sorriso leggendo il post che Lawising ha scritto lunedì 7 maggio parlando della
noia della domenica di pioggia affiancata all’insofferenza per la vita
domestica. Quanto mi sono ritrovata in ogni parola.
Diventare madri non significa
annullarsi, chi lo fa corre il terribile rischio di cadere in stati di malattia
profonda.
Diventare madri significa
imparare ad aspettare, aspettiamo per 9 mesi che questi piccolini arrivino,
aspettiamo che si addormentino, aspettiamo che tornino alle 3 del mattino dalla
discoteca, aspettiamo… così come lasciamo che questo mood entri a far parte dei
nostri comportamenti nei confronti della prole dobbiamo imparare ad aspettare
che torni il nostro momento. A seconda della rete di supporto che ciascuna ha
(nonne, asili, tate) e del carattere del proprio bambino i tempi saranno
diversi, ma ognuna di noi ha l’OBBLIGO di tornare a prendersi i propri spazi,
con calma, in modo tale che ogni nuovo elemento abbia il tempo di mettersi in
equilibrio con gli altri.
Così come è accaduto in ogni
fase della nostra vita in cui siamo cresciute, siamo evolute, anche ora cerchiamo
nuovi spazi e modalità di realizzazione, accettando compromessi con maturità.
Non continuiamo a guardare al passato rimpiangendo quello che non facciamo più.
Guardiamo avanti. Evolviamo. Non fossilizziamoci. Impariamo a farci carico solo
di quello che riusciamo a gestire e controllare: se lavoriamo 8/10 ore al giorno
come pensiamo di andare in palestra dopo il lavoro, dar la pappa al pupetto,
metterlo a letto e quindi far conversazione con nostro marito? Certo lo
facciamo, ma wonderwoman, se glielo aveste chiesto, vi avrebbe risposto che era
frustrata, che non ne poteva più di salvare l’universo. Almeno non tutti i
giorni! Togliamoci la mantellina e magari la palestra, a cui teniamo,
mettiamola al sabato mattina e che il papà si goda il pupetto in quelle ore,
noi torneremo a casa dal lavoro in orari più decenti e riusciremo a
concentrarci sulla cena e la conversazione.
Un passo alla volta ci
riprenderemo i nostri spazi, ne conquisteremo di nuovi, alcuni condivisi (io al
sabato vado al teatro dei bambini con mio figlio e mi diverto!) altri tutti per
noi, per sentirci bene con noi stesse, altri ancora per sentirci mogli e
compagne.
Parola della settimana: CALMA.
Ho un grosso limite. Forse sono una delle poche donne che non riesce a fare più di una cosa alla volta. E ne sono consapevole. Bisogna essere consapevoli dei propri limiti. Ho dovuto quindi agire di conseguenza. Ho dovuto limare. Limare il lavoro e i soldi ad esempio. Limare le ambizioni: faccio quello che posso e se non sono la più in carriera di tutte non me ne frega. Ho puntato sulla qualità. Così ho scelto di fare il lavoro che mi piace, sapendo che ricominciare a quarantanni non avrebbe portato subito risultati eccellenti. Ma sono come wising...credo molto nel potere dei desideri. Sono positiva, mi basta vedere il sole al mattino e parto contenta. Cerco di godermi le cose che ho passo dopo passo. Fare delle scelte mi ha portato anche a godermi molto Anna, che sto vedendo crescere giorno dopo giorno senza perdermi niente. Mi ha permesso di non esaurirmi, di dedicare più tempo a me stessa, per un po di movimento, una bella passeggiata, una bella maschera per il viso. Vedermi bene, avere cura di me mi fa sentire meglio. Con le nonne, faccio esattamente il contrario di quanto consigli cara K...ossia lascio fare. Io non ricordo che i miei genitori dessero disposizioni ai nonni su come comportarsi con i nipoti. Ricordo uno spazio solo mio e dei nonni : bellissimo. Credo che qualche vizio dai nonni ci stia tutto. Lasciamoli fare i nonni e non pretendiamo che svolgano il nostro ruolo.
RispondiEliminaLISBET
Cara Lisbet il consiglio e' proprio questo! Che ciascuno faccia cio' che lo fa sentire a suo agio. Nel mio caso e' stato l'opposto, pur nei vizi sacrosanti ci tengo a dire la mia anche a loro per cui rompo! Ma far cosi mi ha riportato ai normali equilibri famigliari precedenti mio figlio. Con la seconda in arrivo, chi lo sa!! Anch'io come te ho mollato quello che mi toglieva energia e qualita' nelle cose in cui credo, ma anche in questo caso la scelta deve seguire il proprio mood, altrimenti diventa l'ennesima frustrazione!
RispondiElimina