Com'è iniziata ...

Mi avevano detto che i figli bisogna averli da giovane.
Mi avevano detto che dopo i 35 è rischioso e anche faticoso.
Mi avevano detto che dopo i 40 è follia.
Quello che non dicevo io era che non avevo tutta questa intenzione di riprodurmi.
E niente, poi è andata che mi sono ritrovata a scrivere un blog per mamme, con un occhio di riguardo alle over 40.

martedì 21 febbraio 2017

Ogni tanto non mi sta simpatico, evviva!

Premessa fondamentale: non sono tra le mamme che si sono innamorate a prima vista del loro pargolo.
Forse perché tremavo come un banano investito dal tifone, avvolta da una coperta termica che sembrava la carta di un cioccolatino enorme
Si sa, che vestita da cioccolatino enorme non te la senti di compiere passi importanti come innamorarsi perdutamente.
Quando ho visto Cig per la prima volta ho contato i pezzi e una volta appurato che era tutto intero ho augurato a lui e a me di andare d’accordo. Una scintilla sìma più che altro speranze ecco.
Sarà per questo amore coltivato nel poi di tutti i giorni, che ogni tanto Cig mi sta meno simpatico.
Anche cuore di mamma, grondante comprensione e amore, non ce la fa. 
A volte mi sta meno simpatico.
Quando fa i capricci, mutando la sua voce in una miagolante, che anche Gigi il gatto mi guarda preoccupato
Quando si arrabbia e va in camera sua sbattendosi la porta alle spalle. A 6 anni. Figuriamoci poi.
Quando mi dice che cucino cose schifose, ma lo stesso piatto mangiato la sera prima era risultato superbuono.
Quando ai videogiochi vince sempre lui.
Quando la sua prima risposta è no. Che è la risposta standard a ogni domanda.
Quando si sveglia prestissimo nel fine settimana.
Quando non mi saluta neanche e mi racconta dell’ultimo gioco che ha visto in edicola.
Quando mi chiede di cucinare insieme una torta e nel tempo in cui preparo gli ingredienti si dice dispiaciuto di non potermi aiutare, ma ci sono i Teen Titans in tv. E poi non mangia neanche la torta.
Quando urla all’improvviso, che mi viene un colpo.
Quando mi aspetta immobile dietro la porta chiusa e quando esco mi fa buh, che mi viene un colpo
Quando vuole sedersi in braccio a me e poi sembra tarantolato
Quando non mi ascolta e poi si arrabbia perché dice che non glielo avevo detto
Quando gli dico di mettere in ordine e mi risponde che non può fare tutto lui, insomma
A volte sì, mi sta meno simpatico. 
E sono contenta. Vuol dire che lui non è me e che tra lui e me mette la giusta distanza, quella che crea lo spazio sufficiente per diventare una persona tutta intera.
Sono contenta perché anch'io non sono lui e la distanza che metto è quella che serve per restare io una persona tutta intera e aiutarlo a crescere 😊

venerdì 17 febbraio 2017

Un gioco che ci piace

Cig piacciono le fiabe della buonanotte.
Non credo sia particolarmente interessato alla trama in sé, quanto piuttosto a prender tempo, a non dormire subito, a tenermi lì, mano nella mano ancora un po’.
Gli piacciono i personaggi, questo sì. Di loro mi chiede tutto, dal colore dei capelli, all’età, passando per l’indirizzo di casa e se hanno molti amici oppure no.
Considerato che le storie le invento lì per lì, la fatica di ricordarmi la sera dopo quanti anni ha, per esempio, Lilla la balena non è cosa da poco. Per me dico, che ho quel tipo di memoria che trattiene in headline le info vitali, tipo dove abito e come mi chiamo, e il resto lo rende fluido, scorrevolissimo.
Comunque. Inventiamo storie. Un gioco bellissimo.
Fino a poco tempo fa le inventavo io e le cose andavano come andavano.
Adesso che Cig è più grande e si beve meno le minchiate che invento, le inventiamo insieme. Condividiamo stupidaggini, memoria e tante, tante parole.
A volte le nostre storie sono spin-off di libri veri, di storie inventate da gente che ne sa. Tipo inventare una favola tutta dedicata alla volpe del Piccolo Principe o cosa faceva la famiglia di Gulliver, mentre lui si divertiva con i lillipuziani. 
Più spesso chiedo a Cig di dirmi 3 parole e su quelle costruiamo la nostra storia.
Lui si occupa del canovaccio, io sviluppo la narrazione e do un nome ai personaggi. Il suo è il lavoro creativo, il mio quello tecnico.
Lui quindi va a briglia sciolta, io mi son trovata a dover far nuotare Lilla la balena e Ugo lo squalo nella coca-cola.
“Quindi mamma Lilla e Ugo sono piccoli e entrano nella bottiglia?”
Uhmmm, no. Tolgono il tappo alle navi che trasportano coca cola”
“ E poi?” e poi passiamo una mezzoretta così, tra il mare che diventa appiccicoso e pesci con la cannuccia.
Giocare con le parole è un esercizio importante. Non solo per crescere persone in grado di articolare frasi corrette e possibilmente sensate, ma anche per dare voce alla fantasia, magari comunicare in fiaba messaggi importanti (la favola del bimbo ordinato che diventa un supereroe invincibile, per intenderci) e ragionare insieme sui fatti della vita. Cercare insieme le parole allena a dire le cose. 
Che sembra scontato, invece è una ricchezza in questi tempi da tastiera.
Parlarsi, poi, in qualunque forma, è una coccola. Le parole fanno ridere, danno carezze, sono magiche, curano. La varicella c’è passata in un soffio insieme a Bollicino e la Strega Varicella, davvero J

Ci raccontate l'ultima favola che avete inventato? 

martedì 14 febbraio 2017

La prima pagella (e il senso della vita)

L’aspettavo più di Cig, la pagella.
Il mio pronostico non erano voti, ma una frase: riprovateci il prossimo anno.
Perché penso spesso al peggio, così ogni cosa diversa dal peggio mi sorprende in positivo. Non si fa eh, mille corsi a sentirsi dire che bisogna sempre prepararsi al meglio, pregustarlo e raffigurarlo anche un po’, e io invece gioco al ribasso.
Esperienza, signora mia. Ogni volta che ho immaginato il meglio è andato tutto a scatafascio, per cui il meglio non mi frega più.
Comunque.
Alla prima pagella lo scenario è stato questo: io stesa sul divano, abbattuta dal virus-nausea che rantolo a GF di andare lui, di scusarmi con i maestri, ma proprio non riesco a uscire e forse neppure ad arrivare in bagno, per cui uscendo lasciami il catino vicino.
Cig che gioca ignaro e solo ogni tanto mi chiede cosa succede se prende brutti voti.
Biascico che, tesoro di mamma, i voti buoni vanno da 6 a 10 e che né mamma, né papà avranno niente da dire se saranno tutti 6.
“Ma se sono 5?” insiste il neo pagellante
“Se sono 5 vuol dire che devi migliorare. Ce la faremo” e intanto abbraccio coperta, cuscino, guardo il catino, vedo la stanza girare.
GF torna e sono tutti 7, un paio di 8 nei fondamentali (ginnastica, per esempio), un giudizio complessivo più che incoraggiante. Siamo tutti un po’ commossi. Cig che va a scuola un anno prima ce la sta facendo. Seguono abbracci, commozione assortita e finalmente posso addormentarmi.
Il giorno dopo, tornando a casa da scuola, Cig è imbronciato
“Mi hanno detto che chi ha i 7 viene sicuramente bocciato”
“Ma chi?”
“I miei compagni di scuola. Mi hanno detto che sarò bocciato”
No tesoro, non sarai bocciato, non dare retta” ma mi chiedo che razza di discorsi sentono questi bimbi a casa loro, a quali confronti sono sottoposti, a quell’insegnare che il voto ha un valore assoluto e tu, tu che hai solo 6 anni ad andare bene, devi avere il voto migliore di tutti. O sarai bocciato and shame on you.
Tristezza, o forse è il viru-nausea che ha un moto di orgoglio. 
Cig passa in fretta.
A me, meno. La questione pagella e quella nausea latente.
E’ qualche giorno che penso se l’educazione all’impegno, quella che cerchiamo di dare a Cig, vale meno di quella al risultato in sé; se prima o poi dovrò scusarmi con lui per avergli insegnato che le persone non si misurano, ma si cerca di capirle per quello che sono; che i risultati ci sono ogni volta che ti impegni, che è l’impegno il sale delle cose che fai, così come il viaggio vale più della meta. E ricordiamoci di divertirci, sempre.

mercoledì 8 febbraio 2017

Ti dimentichi mai di essere mamma?

C’è una cosa che le mamme non dicono volentieri, anzi tendenzialmente non dicono proprio.
Si dimenticano di essere mamme.
Magari solo per un momento, forse quando sono molto molto concentrate o particolarmente stanche. Capita però di dimenticarsi.
Non ci si fa troppo caso, direi che non ce ne accorgiamo neppure, per questo poi non se ne parla, non lo sappiamo.
Me ne sono resa conto qualche sera fa. Cig dormiva da un’oretta, GF non c’era.
Ero a casa da sola. Questo ho pensato: sono a casa da sola. 
Io amo molto essere a casa da sola e non aver niente di particolare da fare. Cioè, non vale quando loro vanno a fare la spesa mentre io riordino casa. Quella è suddivisione dei compiti.
Casa da sola da un senso tutto diverso di libertà e possibilità, è il momento perfetto in cui ti senti addosso ancora la vita come la conoscevi tanto tempo fa, quando, appunto, non eri mamma.
Puoi immaginare di prendere la macchina e uscire; di prendere un bicchiere è versarci dentro che ne so, un Calvados che poi accompagni con il cioccolato, che poi ha bisogno di un biscotto; di leggere come se domani non dovessi alzarti presto; di metterti a provare tutti i vestiti per vedere come ti stanno.
Cose che puoi fare anche quando ti ricordi di essere mamma, certo, ma che hanno un gusto tutto diverso se per un momento ti dimentichi di esserlo. 
Ti dimentichi che di là c’è qualcuno che sta dormendo pacifico, grazie alle 12 favole che gli hai raccontato, ai 7 bicchieri d’acqua che gli hai portato, alla caccia ai mostri che avete fatto per esser certi di avere una camera sicura, ai 10 minuti di baci e abbracci come se fossimo tutti in procinto di partire per molto molto lontano.
Ogni tanto, soprattutto la sera, mi dimentico di Cig. E’ un momento. Di assoluta libertà, irresponsabilità e leggerezza. Un lampo che mi attraversa. Uno stato mentale brevissimo e intenso.
Quando me ne rendo conto non sto benissimo, è quasi uno stordimento. Che mamma si dimentica? Forse solo una attraversata da un lampo. O no? 😉